Nervosismo e paura nel regno del caos
Spirano forti, fortissimi, i venti di crisi in riva all'Adriatico
«Abbiamo scritto un tempo con la penna stilografica di marca, un altro con il gesso. Ma l'importante era scrivere, cioè portare a casa i 3 punti»: la metafora è di mister Andreazzoli ed esplicita tutta la differenza tra due delle tre retrocesse. L'una, l'Empoli, che gioca in tranquillità, forte dei suoi numeri e della sua identità, sapendosi gestire nell'arco della partita anche nei momenti di sofferenza; l'altra, il Pescara, partita ad agosto con ben altri obiettivi e ritrovatasi, ad inizio Primavera, impelagata nella lotta per non retrocedere dopo aver collezionato sconfitte su sconfitte, figlie di più scelte scellerate.
Adesso la situazione in casa Pescara diventa davvero pericolosa: la terza sconfitta consecutiva tra le mura amiche consegna al Pescara una classifica preoccupante, non ancora drammatica ma da non sottovalutare. Il calendario non è agevole e altre contendenti hanno una gara in meno. Paura e nervosismo fanno da corollario ad una squadra che ha perso le poche certezze che aveva con Zeman. La corazzata Empoli ha espugnato l’Adriatico – Cornacchia di misura, regalandosi il diciassettesimo risultato utile consecutivo e certificando in maniera netta ed inequivocabile la crisi dei biancazzurri, che sotto la gestione Epifani sono stati capaci di racimolare la miseria di un punto in 4 partite. E se a ZZ si chiedevano i playoff, dopo nemmeno un mese ad Epifani si chiede la salvezza: chiaro che qualcosa non torni.
Analizzare la gara contro l'Empoli non è agevole. Di fronte c'era la prima della classe - e lo è non per caso - un mirabile sunto di concretezza e solidità. Nell’economia del match hanno avuto un peso enorme un rigore clamorosamente fallito a fine primo tempo da Stefano Pettinari, a secco di gol da inizio dicembre, ed un palo centrato da posizione favorevolissima da Coulibaly al 30’, ma appellarsi solo alla Dea Bendata sarebbe sbagliato. Sin dall’avvio di gara, la supremazia della squadra toscana è stata tangibile ed il vantaggio arrivato al 18’, sull’asse Caputo – Donnarumma, ne è stato la naturale conseguenza. Da un tiro rimpallato di Brighi, la sfera finisce nella disponibilità di Caputo che, da posizione defilata a sinistra, porge la palla del comodo 0-1 all’accorrente Donnarumma. Beffa nella beffa: il tandem empolese, 40 gol in due, poteva essere biancazzurro....
Ti aspetti una reazione veemente, ma le difficoltà psicologiche della squadra, sottolineate anche da Epifani alla vigilia, hanno avuto la meglio. L’Empoli legittima il vantaggio mantenendo costantemente il comando delle operazioni e sfiorando in un paio di circostanze, il raddoppio Il predominio territoriale e le maggiori doti nel palleggio della squadra di Andreazzoli hanno imbrigliato i biancazzurri, capaci di destarsi solo nel finale di frazione creando le due occasioni per raddrizzare la gara. Il tecnico toscano al novantesimo sminuirà le due circostanze («le uniche due occasioni del Pescara sono arrivate grazie a noi, l’azione del palo è stata la prima creata e sul rigore il Pescara non ha fatto nulla per ottenerlo»), ma l’inerzia della partita sarebbe inevitabilmente cambiata se Gabriel avesse raccolto almeno un pallone in fondo al proprio sacco. Particolarmente pesante l’errore di Pettinari dal dischetto. Il centravanti ha calciato debolmente tra le braccia dell’estremo ospite, gettando al vento il rigore conquistato da Mancuso al 39’, che aveva raccolto uno sciagurato retropassaggio di Castagnetti e si era involato verso la porta avversaria prima di essere steso da Gabriel.
Ma è stato il nervosismo a tagliare le gambe in maniera definitiva ai padroni di casa. Fornasier resta negli spogliatoi, non per un problema fisico o per una esigenza tattica ma a seguito di un battibecco con Epifani che il tecnico biancazzurro non poteva ignorare; Pettinari, poi, al momento del cambio dopo 10 minuti da inizio ripresa, platealmente dimostra di non aver gradito la scelta. «Fornasier non lo avete rivisto in campo nella ripresa perché ha avuto un atteggiamento che non mi è piaciuto e su certe cose non transigo. Voglio rispetto per il pubblico e per i compagni in panchina, io sono il garante del Pescara, non guardo in faccia a nessuno e non ho paura di niente. Pettinari è rimasto male per la sostituzione, ma sono tutte cose che vedremo tra noi all’interno del nostro spogliatoio. Non bisogna creare dei casi che non esistono e che non ci aiutano ad uscire da questa situazione, sono cose che capitano su tutti i campi di Italia. Devo risolvere i problemi e lo farò con chi viene con me, chi non vuole resta fuori. Magari resteremo in 14-15 ma combatteremo. Bisogna remare tutti da dalla stessa parte. Ma se una squadra lotta fino alla fine e segue i dettami dell’allenatore i segnali sono positivi», dirà a bocce ferme Epifani. «La squadra è compatta e vuole tirarsi fuori da questa situazione il prima possibile»: vedremo sin da giovedì se sarà davvero così.
La mossa che poteva scardinare la resistenza dell’Empoli, che nel frattempo aveva abbassato il proprio baricentro, Epifani l’ha provata al 21’ della ripresa: fuori un difensore, Perrotta, e dentro un centrocampista, Carraro, con conseguente passaggio dal 3-5-2 al 4-3-1-2 con Brugman nei panni del trequartista. E proprio il gioiellino sudamericano ha avuto sui piedi la palla del possibile pari, che ha calciato altissima sopra la traversa quando l’Adriatico semideserto era pronto ad esultare. Inutile il tentativo di forcing finale, solo abbozzato e confusionario, a fine ostilità i fischi del pubblico hanno accompagnato il Pescara nello spogliatoio. La frattura è ormai chiara, ma Epifani ha fatto appello all'unità. «Il Pescara viene prima di tutto. Testa bassa e pedalare, ingoiando polemiche e insulti. Bisogna pensare al noi e non all’io. Ai tifosi più che chiedere aiuto non posso fare», le sue parole, «chiedo di tifare per la maglia del Pescara e non per Epifani o i singoli. Dipende però tutto da noi, con un risultato positivo ci saremmo tirati dalla nostra parte un bel po’ di gente». Adesso non si può più aspettare, serve la svolta. Ora o mai più
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