L'impronta di Sdengo in vittorie non zemaniane
Cuppone e Di Pasquale volti di un Pescara a poca immagine e somiglianza del suo tecnico
Vincere e portare punti a casa è l'unica cosa che conta a questo punto della stagione e pazienza se la prestazione non è stata scintillante come mister Zeman ed il pubblico pescarese vorrebbero. Il tecnico boemo nel post Pescara - Sestri Levante 3-0 non ha nascosto che al di là del risultato il calcio offerto non sia stato di suo gradimento, ma per il momento va bene anche così. A lui e a tutti, perchè era troppo importante non perdere ulteriore terreno sul Perugia, corsaro anche a Pontedera, nell'ottica della lunghissima volata in chiave terzo posto alle spalle dell'ormai irraggiungibile tandem Cesena-Torres. Si doveva dare continuità all'acuto di Arezzo di una settimana prima ed iniziare ad invertire il trend interno, dunque la missione è stata compiuta contro un avversario certamente non irresistibile e che con alcuni errori in fase difensiva ha agevolato Tunjov e soci nel proprio compito. Il rapporto dopo 4 partite tra girone d'andata e quello di ritorno parla di -4 punti in graduatoria, ma dopo i ko con Juventus Next Gen e Perugia bisognava ripartire ed è stato fatto con due vittorie preziose. Sul come siano arrivate un perfezionista come Zeman ha tanto da dire e non ha nemmeno torto. Il suo Pescara è ancora lontano da ciò che può essere e che il suo condottiero vorrebbe che sia, soprattutto nella costruzione del gioco. La manovra pescarese, troppo scolastica e compassata, si è sviluppata prevalentemente per vie orizzontali, in modo del tutto contrario ai desiderata del proprio allenatore e a tutto vantaggio di una squadra ospite ordinata e ben messa in campo, che non ha quasi mai concesso la profondità al tridente pescarese e le sovrapposizioni agli esterni bassi per poter sviluppare sulle catene laterali i principi base del calcio zemaniano. Ma che è tornata a casa con 3 gol sul groppone, perchè a parità di atteggiamento i valori tecnici in serie C sono destinati sempre e comunque ad emergere. Però sono state poche le verticalizzazioni dei biancazzurri, pochi i fraseggi rapidi nello stretto per poter innescare le punte e soddisfare il fine palato del tecnico boemo: si è portata troppo palla, con tocchi anche superflui, alla ricerca di quegli spazi dove potersi inserire e provare a far male. Resta dunque il reparto mediano quello che non consente al Pescara di fare il salto di qualità, ma le caratteristiche degli uomini a disposizione sono queste e non si può pretendere molto di più. La carenza è strutturale e dopo 6 mesi di lavoro bisogna fare di necessità virtù perchè appare evidente che non si possano trasformare determinati giocatori in quelli che non sono. Tunjov, ad esempio, è un giocatore di qualità sopra la media ma non è il prototipo della mezzala zemaniana, Aloi indossa i panni del play come può ma non ha la visione di gioco e la capacità di gestione di un regista e Franchini fa tanto lavoro sporco e prova ad inserirsi, ma non ha il passo e le doti per interpretare come voluto i compiti richiesti. In altri contesti sarebbero perfetti perchè congeniali, qui non riescono a dare quel quid pluris che un centrocampo di Zeman deve dare per far girare al meglio tutta la squadra. Il Delfino di oggi ha il volto di Cuppone e Di Pasquale, cioè il capocannoniere sempre criticato per i gol mangiati ma indispensabile per movimenti e generosità e il difensore che dopo l'autogol col Grifo poteva sprofondare in un vortice nero ed invece si è rivelato determinante nelle due successive vittorie. Sono l'emblema della classe operaia che porta tutti in Paradiso ma anche la vittoria più importante di mister Sdengo.
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