“PESCARA: SBAGLIANDO SI IMPARA?”
Nuovo appuntamento con la rubrica di PescaraSport24, “Calciologicamente”. Un punto di vista diverso da quello consueto sulle vicende biancazzurre affidato al dott. Pietro Literio, che anche in questo numero dello spazio da lui curato analizza il momento del Delfino del tutto peculiare. Buona lettura!
Non c’è due senza tre (purtroppo), ed ecco che anche a Brescia il Pescara delude le residue aspettative di reazione e di vittoria da parte dell’ambiente.
Bruciavano già e molto le due partite precedenti, che hanno rotto “l’incantesimo” tra ambiente e squadra.
Bruciava, anzi “rodeva” il risultato della penultima partita contro Lo Spezia. 2 a 0, poi 2 a 1, fino al 2 a 2: nel frattempo 3 traverse, tra cui l’ultima del “sindaco” Sansovini, frutto di una prodezza tecnica (un “uno due che grida ancora vendetta”). Senza escludere la precedente ferita relativa alla brutta sconfitta di Cesena, soprattutto per come era maturata (e che, a sua volta, ricordava la ferita di Novara).
A Brescia le statistiche parlano chiaro (all’allenatore e alla società): il Pescara pur avendo avuto più possesso palla (58% a 42%), più supremazia territoriale (12’:”52” e 8’:”08”) e una maggiore percentuale di passaggi riusciti (72.2% rispetto a 60,3%), ha protetto meno la propria area (50,08% rispetto al 61,5% dell’avversario), ha attaccato meno la porta avversaria (38,5% contro il 49,2%) ed è stato meno pericoloso (39% contro 46,1%) del Brescia.
Il Delfino sembra “tramontare” progressivamente in efficacia,sia nel reparto difensivo che d’attacco e appare “spuntato”. Non dimentichiamoci però anche dei meriti dell’avversario: si è visto un Brescia veloce e rapido in contropiede (con un Morosini imprendibile), anche un po’ più riposato del Delfino e che, non dimentichiamo, aveva fatto già quattro gol al Cagliari.
Anche a Brescia, ètutta “l’orchestra Pescara” che non ha espresso il meglio di sé, “stonando” in varie parti del campo: una squadra lunga, che ha lasciato spazi all’avversario (sia orizzontalmente che verticalmente) e che ha mostrato un calo dellaCOESIONE (del “Noi, dell’uno per tutto e tutti per uno”) tra i reparti e tra i giocatori,rispetto all’inizio di campionato.
Oltre al pressing, Brescia ha dimostrato che il Pescara soffre molto anche la velocità dell’avversario, perdendo in lucidità, concentrazione e semplicità nel gioco.
Oddo, come a Novara,“le ha provate tutte” cambiando tre giocatori: ma il “turnover” eccessivo, ricordiamoci, riduce la “coesione” del gruppo-squadra.
Insomma, troppi punti persi (e male) lungo il cammino finora del Pescara. Ma perché?
Per trovare il rimedio o la cura di un problema (la terapia) è necessario bene prima analizzare e capire il problema o i problemi (la diagnosi), nei limiti delle informazioni che abbiamo a disposizione.
Il primo problema del Pescara, lo dicono innanzitutto i numeri, è la DIFESA: troppi gol e troppo ingenui, soprattutto nell’ultimo quarto d’ora di gioco (31%). Il Delfino è la squadra (tra le prime sei in classifica attualmente del campionato) che ha subito più gol (20), pur segnandone finora 23.
Bisogna tener conto anche di un altro dato che riguarda il reparto difensivo: il Pescara (se si esclude Campagnaro del 1980, che ha giocato poche volte finora) ha la difesa titolare più giovane del campionato, con l’età media più bassa,risentendone fisiologicamente in esperienza nei momenti delicati del gioco: l’ultimo quarto d’ora finale, “bestia nera” del Pescara. Se osserviamo l’età dei difensori delle squadre che stanno davanti il Pescara, si scopre che tutte hanno uno o più under 1990 (quindi difensori d’esperienza che danno più sicurezza in campo).
E sembra non bastare, non compensare, l’essere propositivi (quando riesce) per tenere lontani gli avversari e la palla con il gioco (come chiede e sostiene il nostro Mister): la difesa va rinforzata NON con giocatori più bravi (dato che il rendimento dei nostri giovani centrali di talento è alto) ma più esperti, che commettano meno ingenuità,soprattutto nei finali di partita dove “cala” fisiologicamente la lucidità e sale la stanchezza.
Difensori più esperti possono guidare e dare CORAGGIO (attraverso l’esempio) alla difesa del Pescara, permettendo ai giovani nel frattempo di crescere (anche sbagliando).
La necessità di una maggiore esperienza in campo (soprattutto in difesa e nell’ultimo quarto d’ora) è dimostrata dal fatto che quando Campagnaro gioca il Delfino non prende gol (e non è un caso), riducendo drasticamente le ingenuità difensive finora costate care al Pescara (come nelle ultime gare).
Il Pescara tuttavia non ha bisogno solo di più esperienza ma anche di costruiremaggiore “RESILIENZA” in campo, riassunta nella frase “mi piego ma non mi spezzo”.
A mio parere, il secondo problema del Delfino riguarda proprio la “Resilienza” e l’equilibrio in campo durante le partite, in particolare dopo che il Pescara segna (o prende gol): sembra rilassarsi (o spaventarsi), lasciando l’iniziativa del gioco più all’avversario, e ripartendo prevalentemente in contropiede. Sembra più “re-agire” all’avversario che “agire”il suo gioco propositivo in campo, mantenendo così la propria identità e intensità fino alla fine del match.
Un esempio di “Resilienza” è la reazione (tardiva) del Pescara dopo il 2 a 2 con Lo Spezia, che è stata quella di un “leone ferito” (la stessa da mantenere il più possibile per tutta la partita): ovvero cercare di mantenere o condurre il proprio gioco, rialzando il “baricentro” in avanti (invece di abbassarsi indietro, nella propria area) e rialzando l’intensità ela propositività del gioco, che costituisce l’identità del Delfino. Significa mentalmente continuare a lottare per vincere ed essere fermamente e continuamente convinti di volere la vittoria, questa è la “RESILIENZA”.
Ricordo a tale riguardo che i giocatori della squadraresiliente “credono fermamente di avere tutto ciò che serve per riuscire, e non si danno mai per vinti. Non crollano e non vanno nel panico quando passano in svantaggio, ma spesso tirano fuori tutto l’impegno e la determinazione di cui sono capaci e nelle ultime fasi della partita rimontano.”
In altre parole, “è la capacità di resistere agli eventi stressanti della gara senza spezzarsi o incrinarsi, mantenendo e potenziando le proprie risorse individuali e di gruppo. L’atleta e la squadra con qualità resilienti hanno la capacità di affrontare le avversità, di superarle e di uscirne rafforzati.”
Ha molto a che vedere con la capacità di continuare ad essere ottimisti e ad avere coraggio e fiducia in sé stessi e nel gruppo-squadra nei momenti di difficoltà, di essere creativi in campo mantenendo la lucidità (senza farsi travolgere dall’emotività). Insomma, in poche parole significa cercare di “mantenere la calma, la propria identità e la propria forza in campo indipendentemente dalle avversità che si incontrano.”
L’aggressività o la velocità dell’avversario hanno finora più “stordito” e reso insicuro il Pescara (vedi a Novara, Cesena e Brescia per capirci), che smette di fare il suo gioco, dimenticando la sua “forza e identità”, rappresentate dal “proporsi in avanti” (com’è nel suo “DNA”).
La “Resilienza” (come “l’ingenuità”)tuttavia è legataall’inesperienza (di molti nostri giovani giocatori di talento), ma è influenzata anche dal grado di “coesione” del gruppo-squadra (che è ancora in fase di crescita dato che diversi giocatori, titolari e non, giocano insieme per la prima volta da quest’anno, senza dimenticare che le sconfitte minacciano e indeboliscono il senso di appartenenza o di coesione in costruzione)e dalla “leadership” in campo ancora carente (soprattutto in difesa), dal momento che Campagnaro, il leader riconosciuto da squadra e ambiente, è ancora “out”.
Inoltre, come“vincere aiuta a vincere” e ad acquisire fiducia e sicurezza in séstessi (l’autoefficacia), allo stesso modo “perdere aiuta a perdere” e a minare (a livello mentale) la sicurezza e fiducia in sé stessi (dei giocatori e del gruppo-squadra).
Pertanto, “passando dalla diagnosi alla terapia”, c’è bisogno di maggiore coesione ed esperienza in campo e soprattutto di un leader come Campagnaro (che recuperi e porti palla, uscendo dall’area con sicurezza nei momenti delicati e dando coraggio a tutta la squadra), così dafar ritrovare gradualmente la sicurezza e l’equilibrio persiin seguito alle ultime sconfitte e prestazioni più deludenti.
Con l’aiuto fondamentale dell’allenatore (il leader esterno) il Delfino ha bisogno di ritrovare con pazienza e attraverso un lavoro mirato (sul compattarsi e aiutarsi a vicenda tra reparti, soprattutto nella fase difensiva, stando più “corti e stretti” possibile) la Coesione di gruppo, la lucidità e la fiducia nei propri mezzi nonostante le ultime sconfitte e delusioni.
L’allenatore è importante che lavori anche sulla mente dei giocatori (senza colpevolizzazioni o svalutazioni nei loro confronti) e, in particolare,sulla eventuale “paura di prendere gol e di perdere” (o di sbagliare) dei giocatori stessi e della squadra: «vinci con onore, perdi con dignità» ha detto in passato il maestro Arrigo Sacchi, considerando il fallimento una parte del processo di apprendimento, a sua volta fondamentale componente del successo, cercando così di trasmettere ai suoi giocatori l’autoefficacia e la relativa tranquillità della quale ora necessitano.
Non solo: è importante cheOddo alleni la squadra ulteriormente in situazioni di “continuo stress” (per imparare meglio a gestirlo e a conviverci in campo) e a mantenere la “concentrazione” soprattutto nell’ultimo quarto d’ora.Infatti, se le partite finissero al 75° il Pescara sarebbe probabilmente tra i primi posti n classifica.
Infine, in questa fase è altrettanto importante che il Mister stimoli costantemente la “FAME” nei giocatori e nella squadra, mettendo in gioco tutta la sua esperienza e creatività, ri-portando la squadra ad “agire” il suo calcio propositivo (ovvero “a tenere le redini del gioco”) invece di “re-agire” all’avversarioe alla sua aggressività (come accade ultimamente arretrando e passando indietro la palla, invece che avanzare con coraggio).
Servano quindi da lezione al Pescara queste quattro ferite che ancora bruciano (Novara, Cesena, Spezia e Brescia), per crescere più in fretta in “resilienza” e cinismo,facendo tesoro degli errori (cercando di non ripeterli) anche se ciò dovesse significare essere “meno belli”, meno leziosi, ma più lucidi, determinati e attenti (insomma “Resilienti”).
In particolare, le ultime partite contro Cesena e Spezia hanno “lasciato il segno”, assieme all’ultima con il Brescia.“Non c’era due senza tre” e ora speriamo che il Delfino (e il suo Mister)abbiano imparato la lezione:troppi punti e occasioni persi per strada. Soprattutto ora è necessario che i tifosi e tutto l’ambiente si compattino e continuino a credere e a tifare “forza Pescara”!
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