Zanon: "Io, Zeman, Di Francesco, il Pescara e la voglia di non smettere"
«Zeman mi diceva: “Zanon, vuoi anche tu la sigaretta?. Io scoppiavo a ridere»
Damiano Zanon non molla e continua a giocare e ad incantare, anche se nelle categorie inferiori: oggi a 39 anni è il capitano dell’Avezzano e fa ancora la differenza in serie D e si è tolto anche lo sfizio di andare in gol più volte. Ad esempio i due gol realizzati contro Termoli e Notaresco sono state due autentiche prodezze per un uomo chiamato…"promozione". Damiano Zanon ha vinto in carriera 8 campionati (la Prima categoria e la Promozione con L’Aquila, l’Eccellenza con il Celano e l’Avezzano, la serie D con il Celano, la serie C e la B con il Pescara e di nuovo la B col Frosinone) e non ha intenzone di fermarsi in vista ormai dei 40 anni, che compirà il 9 febbraio. «Ogni anno dico che è l’ultimo, ma finché sto bene e mi diverto non smetto. Quando lo farò, mi piacerebbe allenare», ha detto l'ex biancazzurro che nei giorni scorsi ha rilasciatio una interessantissima intervista a Il quotidiano Il Centro che ora vi riproponiamo integralmente. Buona lettura!.
Da Il Centro:
«Ero in vacanza a Formentera con Mengoni e Gessa. Apro la Gazzetta e leggo l’intervista di Zeman che dice “Pescara in A senza play off”. Pensavo fosse pazzo, ma mi sbagliavo. Il maestro alla fine aveva ragione».
È vero che due anni fa è stato vicino al ritiro?
«Dopo l’esperienza all’Aquila, volevo smettere perché non avevo più voglia di viaggiare. Poi mi ha chiamato l’Avezzano e ho deciso di accettare perché era vicino casa e mi piaceva il progetto. Ho ritrovato gli stimoli e sono ripartito. A 39 anni mi tolgo ancora qualche soddisfazione».
La più grande della sua carriera qual è stata?
«La promozione in A con il Pescara di Zeman. Anche quella con il Frosinone me la porto dentro, ma quella con i biancazzurri ce l’ho nel cuore perché da abruzzese vale doppio».
Eppure lei non ci sperava all’inizio in quella promozione.
«No, perché la squadra era stata smantellata, il progetto era ringiovanire la rosa. Sono arrivati giocatori che non conoscevo. A Cascione il primo giorno di ritiro dissi: “Altro che serie A, quest’anno retrocediamo a picco”. E invece…».
Che aggettivo sceglierebbe per descrivere Zeman?
«Unico. È un maestro, insegna calcio. Il suo è stato un calcio spettacolare. Se avesse curato di più la fase difensiva, forse sarebbe arrivato più in alto. Io avevo avuto Modica a Celano, quindi conoscevo i metodi di lavoro di Zeman. Ricordo quando facevamo i mille metri in allenamento. Il mister si metteva seduto con la sigaretta e prendeva i tempi. Soddimo era uno che spingeva forte, io andavo più piano e facevo sempre gli stessi tempi. Zeman mi diceva: “Zanon, vuoi anche tu la sigaretta?. Io scoppiavo a ridere».
Oltre a Zeman, quali sono stati gli allenatori più importanti per lei?
«Eusebio Di Francesco e Francesco Tomei. Loro mi hanno insegnato a difendere. Ero un terzino di spinta, per me le diagonali non esistevano. Un giorno Eusebio mi prese in disparte e in dialetto pescarese mi disse: “Damià, sind un po’. Vi a ecc”. Mi spiegò cosa fossero le diagonali difensive. Mi servii molto perché per fare la B bisogna anche saper difendere».
Qual è l’attaccante che l’ha messa più in difficoltà?
«Ibarbo del Cagliari. Quando lo racconto ai miei amici, mi prendono per matto. Ibarbo mi fece passare una giornataccia in un Cagliari-Pescara dove vincemmo anche. Presi il giallo dopo 10'. Lui mi impressionò: destro e sinistro, forte fisicamente, veloce. Imprendibile. In serie A è stato quello che mi ha fatto dannare di più».
Ha rimpianti?
«Quell’anno in A feci un’intervista dove mi sfogai un po’ con l’ambiente per le eccessive critiche non costruttive. Lo feci per difendere la squadra. Se avessi parlato di meno, forse sarei rimasto a Pescara l’anno dopo».
A 36 anni ha lasciato la B per scendere in Prima con L’Aquila: lo rifarebbe?
«È stata una scelta di vita, potevo fare altri anni ancora di professionismo ma volevo tornare a casa, vivere la quotidianità della mia città e aprire un locale. Non ho rimpianti».
Sta pensando di vincere un altro campionato con l’Avezzano per chiudere in bellezza?
«Siamo una buona squadra, abbiamo trovato la giusta quadra e il campionato è equilibrato. Se rimaniamo umili e manteniamo questa forza di gruppo, possiamo dire la nostra fino alla fine».
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