“LA BELLEZZA HA UN PREZZO!”
Rubrica "Calciologicamente", realizzata per PS24 dal dott. Pietro Literio, Psicologo/Psicoterapeuta e Docente Universitario
Torna la rubrica "Calciologicamente", realizzata per PS24 dal dott. Pietro Literio, Psicologo/Psicoterapeuta e Docente Universitario a Contratto che analizza le vicende del Delfino da un punto di vista del tutto peculiare. BUONA LETTURA !
Missione impossibile: trasmettere pienamente il credo Zemaniano a tutti i costi al nuovo Pescara! “Tale Padre tali figli” potrebbe essere il motto. Ma non è quello che noi ancora vediamo in campo (e nemmeno il Mister).
Nel mentre la squadra e i giocatori cercano di trovare, con fatica, il giusto equilibrio e, soprattutto il giusto RITMO durante le gare. E come nelle montagne russe assistiamo a rapide geometrie di qualità, alternate a cali di tensione e di aggressività in campo, che portano spesso a subire (evitabilmente) gol.
Il Pescara vince ma non convince. È forse malato? Oppure ancora acerbo? Di sicuro non ha ancora il “ritmo” giusto per tutta la partita. Tuttavia, il ritmo (soprattutto per la mentalità Zemaniana) è una caratteristica fondamentale, come lo è per il martello che batte il chiodo sul muro costantemente, con il giusto ritmo. Infatti, se si martella troppo forte si rischia di piegare il chiodo e rompere il muro, mentre se si martella troppo piano si rischia di non fissare bene il chiodo che può anche cadere dal muro.
E così Zeman continua ad andare “alla ricerca dell’arca perduta”, del ritmo ottimale, ovvero del perfezionismo tattico (tra fase difensiva e offensiva) in ogni momento della partita, soprattutto dopo essere passati in vantaggio.
E lo fa da maestro, quasi come un “oracolo” da venerare, dal suo pulpito che predica e giudica severamente il gioco, le sue creature (squadra e giocatori), tenendoli “sulla corda”, sferzandoli e cercando di farli crescere. Del resto Zeman è “prendere o lasciare”, senza mezze misure.
Ma come mai i giocatori non seguono ancora pienamente (e per tutta la partita) ciò che chiede il mister, con il suo credo fatto di aggressività, velocità, pressing e rapide verticalizzazioni? Perché il Delfino ha i suoi “black out”, smette di giocare, si abbassa e non aggredisce più dopo essere passato in vantaggio ogni volta? Nemmeno Zeman lo sa: “non lo so.. non me lo spiego” afferma dopo Pescara-Gubbio.
Eppure si tratta di una scena già vista, già conosciuta negli ultimi anni, con la differenza (non da poco) che abbiamo quest’anno un Plizzari in condizione (che para tutto) e una difesa forte e collaudata (che “tappa bene i buchi”). Del resto, questo atteggiamento di “mollare”, di abbassarsi, perdendo ritmo e aggressività in campo non è nuovo: è accaduto negli anni scorsi varie volte (sin dalla B). Ultimo doloroso esempio ne è la semifinale contro il Foggia, quando la squadra si è “fermata” per ben due volte, si è abbassata dopo essere passata per ben due volte in vantaggio, consentendo il recupero dell’avversario fino alla sconfitta finale.
Il rapido calo di tensione in campo e la reazione di passività della squadra ogni volta che passa in vantaggio, con molta probabilità, in questo momento sono dovuti al “CICLO DI VITA” della squadra: un gruppo giovane ancora in costruzione, che ha bisogno di integrare i nuovi (e i ritardatari), di conoscersi meglio, di passare dall’IO al NOI, e costruire in modo solido la propria autostima (NOI valiamo) e la propria autoefficacia (NOI siamo capaci). In altre parole, ha bisogno di raggiungere la “piena consapevolezza nei propri mezzi” (fiducia), dal momento che gran parte dei giocatori sono quasi tutti under 23, anche se di talento.
Tuttavia, l’attuale incertezza in campo dopo ogni vantaggio, che si manifesta nella squadra con una reazione e un atteggiamento di maggiore passività in campo, nel tempo è pericolosa perché mina proprio l’autostima e l’autoefficacia (dei giocatori e della squadra) ora in costruzione. Non solo: questo atteggiamento di relativa passività (o di poca “cazzimma”), questi “black out”, ripetendosi in campo da anni, rischiano di radicarsi, di diventare una credenza, una convinzione (irrazionale) inconscia, nel senso che possono entrare a far parte della “CULTURA” della Società e della squadra, tramandandosi inconsciamente da una stagione all’altra (come un virus di cui non ci si accorge). Una sorta di “fantasma” che agisce nell’ombra, di “incantesimo” o di “profezia” (negativa) che si autoavvera e si autoalimenta nel tempo (come accade da anni ormai spesso in campo), rischiando di produrre e alimentare la cosiddetta mentalità o cultura “perdente”. Viceversa, la storia vincente di una squadra nel tempo e la sua continuità in campo produrranno e costruiranno la cosiddetta cultura e mentalità “vincente”. Un esempio casalingo è la Juventus con la sua storia (alla pari degli altri grandi club come Real Madrid, Barcellona, Bayern, ecc.), dove chi arriva sente già di respirare aria di vittoria e di crescita personale, motivandosi e ottimizzandosi mentalmente.
L’insicurezza fisiologica iniziale (legata alle aspettative elevate dell’ambiente e all’autostima/autoefficacia in costruzione nel nuovo Pescara) e quella “culturale” (ovvero tramandata più inconsciamente da una stagione all’altra, dalla storia più o meno vincente o perdente della società nel tempo e dalla sua continuità in campo) rischiano di incidere fortemente sull’autostima, sull’autoefficacia dei giocatori e della squadra (molto giovane) ora in via di sviluppo.
Va da sé che l’autostima, così come l’autoefficacia (individuale e di gruppo) non possono essere costruite solo con la ottimizzazione della prestazione tattica in campo (perfezionismo) o solo attraverso il gioco e i risultati (come vorrebbe Zeman), perché in attesa di ottimizzarsi sul piano tattico (salvo alchimie magiche fortuite di anno in anno piuttosto casuali), la squadra e i giocatori hanno bisogno parallelamente e sinergicamente di potenziarsi e ottimizzarsi in autonomia anche sul piano mentale, attraverso il “Mental Training” (la preparazione mentale). Solo così non si fa dipendere la “Testa” (con le sue incertezze ma anche con le sue risorse) troppo dalla prestazione o dai risultati in campo o, se volete, dalla tattica asfissiante zemaniana da ricercare a tutti i costi, con il massimo perfezionismo (una sorta di “ossessione” tattica).
E se non si arriva presto al perfezionismo tattico zemaniano “SI SPERA” (come dichiara spesso Zeman nelle sue interviste), o “si attende” o “si cerca di capire” perché non accade, perché la squadra non matura, perché la squadra non segue i dettami del suo “maestro” e continua con i suoi “alti e bassi” in campo.
La risposta è una sola: solo ottimizzando anche la “Testa” dei giocatori (oltre la tattica e la tecnica) e capendo questo (ovvero compiendo questo salto culturale) si potrà andare oltre gli “spero” dichiarati da Mr. Zeman o ai “non lo so… non me lo spiego..”. Forza Pescara!
Prof. Pietro Literio
Psicologo-Psicoterapeuta e docente universitario a contratto
FOTO PESCARA CALCIO - MUCCIANTE
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