Pinna a 42 anni non si arrende: giocherà anche nella prossima stagione e vuole un record
Parla il portiere sardo, rimasto legato al Pescara
Salvatore Pinna non si arrende. A 42 anni non ha appeso i guanti al chiodo e non ha intenzione di farlo. Almeno per la stagione che verrà. Giocherà anche nella prossima annata agonistica, con la Torres in Eccellenza sarda, ed ha un obiettivo chiaro: diventare il giocatore con più presenze nei 114 anni del club. Per ora è fermo al secondo posto, con 306 gare ufficiali disputate, con altre 28 diventerà il recordman assoluto. «Dopo la Torres, però, c’è solo il Pescara per me», dice sincero a PS24.
Quando parli di Pescara e del Pescara con Salvatore Pinna, il tono della sua voce tradisce sempre una grande emozione. «Amo questa squadra e questa città, sono rimasto profondamente legato ai questi colori anche se sono passati ormai parecchi anni. Mi sarei fatto strappare il cuore pur di restare, è andata diversamente ma certi sentimenti sono rimasti immutati».
Ed allora parlaimo di Pescara e del Pescara: «Sono certo che la società sta programmando una immediata risalita in A. Il Pescara è abituato a fare la guerra, sportivamente parlando, e sarà tra le protagoniste anche in una serie B che si presenta come una piccola serie A, date le grandi piazze che ci sono. Fiorillo e Pigliacelli? Sono due ottimi portieri», dice, «Fiorillo è un grandissimo professionista e sa cosa vuole il mister, lo ha capito in questi mesi alle sue dipendenze. Ha grandi doti e a Pescara ha trovato una giusta dimensione, ma può crescere ancora molto. Come Pigliacelli, che è molto bravo anche con i piedi. Oggi un portiere è un libero aggiunto, un po’ come ero io con Di Francesco».
Chiude parlando proprio di Di Francesco e di Marcolino Verratti. Con mister Eusebio mi sono sentito anche due giorni fa, sono felice che sia andato a Roma. Era emozionato ma anche molto carico. Lo adoro e si merita questa grande opportunità. E sono felice di quello che sta facendo Marco Verratti. Quando lo vedo in tv mi commuovo sempre, fa cose straordinarie. Mi ricordo sempre quando si stava affacciando in prima squadra ed io lo chiamavo “cinghialetto”. Scherzavo molto con lui, soprattutto in sala massaggi. Aveva spesso dei dolorini ed io gli davo uno scappellotto. "Dai Marco, non fare sceneggiate”, aggiungevo col sorriso. Ci volevamo bene. E già allora si vedeva che aveva qualità sopra la media, ma una scalata così rapida ed imponente al grande calcio non era facile da prevedere. Lascerà il segno nella storia del calcio»
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