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"Il quarto d'ora granata del Pescara" - Il Delfino Rampante racconta (Entella-Pescara)

L'apprezzata rubrica

03.12.2023 10:10

Puntualissimo, ecco il consueto appuntamento post partita con una delle rubriche più interessanti e particolari di PS24, che voi lettori dimostrare sempre di gradire: Il Delfino Rampante racconta… Buona Lettura!

 

Ci sono storie che assomigliano a leggende. Storie che, seppur vere, entrano,  e soprattutto restano, nel mito. Per sempre. Tra fantasia e realtà. Talmente reali ma, nel contempo, così tanto fantastiche e romantiche che permangono, scolpite e imperiture, nella storia di tutti noi. Perché, prendendo in prestito, rimodulandole, alcune parole dello storyteller sportivo per eccellenza, Federico Buffa, lo sport ha scandito i tempi di tutti noi e scandirà i tempi di quelli che verranno.

Così accade che la storia di Oreste Bolmida, di professione trombettiere, resta e resterà per sempre nella storia del calcio, non solo italiano. Talmente reale ma così meravigliosamente fantastica che sta, di diritto, nella mitologia del football.
Siamo a Torino. Siamo a metà degli Anni Quaranta, subito dopo il Secondo conflitto mondiale. Siamo a Torino, dicevamo. Sponda granata. Stadio Filadelfia. Dove gioca una squadra di leggende. È il Toro, tra gli altri, di Bacigalupo, Gabetto, Grezar, Loik, Fadini. Ma soprattutto è il Toro di Valentino Mazzola. E la sua storia è rimasta per sempre nella grande storia del calcio. Così come la storia del quarto d'ora granata che tutti noi conosciamo pur non avendola, la maggior parte di noi, mai vissuta direttamente. Faceva più o meno così: quando la partita diventava complicata per il Torino, Valentino Mazzola guardava la tribuna, dava un cenno a quel trombettiere di cui vi accennavo prima e Oreste Bolmida, dagli spalti, suonava la carica. E il Toro caricava. Altro se caricava. Così arrembante che, per 15/20 minuti, non ce n'era per nessuno. Il quarto d'ora granata: la storia, vera, entrata nella leggenda di una squadra di leggende che ha conquistato il cuore di tutti. Anche quello di chi torinista non è.

Il quarto d'ora granata. Con le dovute proporzioni, il quarto d'ora biancazzurro. Questione di colori. Di cromie. Di tempi storici. Ma il risultato non cambia. Un po' come la proprietà commutativa in matematica.

Sono almeno 13 sugli attuali 24, infatti, i punti conquistati dal Pescara negli ultimi 15/20 minuti di partita. Dei quali gli ultimi 3 ottenuti proprio ieri al Comunale di Chiavari. Pescara in vantaggio poi arrembato e recuperato dall'Entella ma, al novantesimo, la rete decisiva di Franchini che consente al Delfino di tornare alla vittoria quaranta giorni dopo l'ultima volta (Lucchese-Pescara 1-4). Quarantuno per l'esattezza.

Tornando per un attimo a Torino, questa volta sponda bianconera, un successo in piena zona Cesarini. Gli attimi conclusivi di una gara che prendono la definizione proprio da quella mezzala della Juventus di nome Renato di cognome, appunto, Cesarini che, negli Anni Trenta del Novecento, realizzò diversi gol decisivi nei minuti finali delle partite. Un'altra storia entrata direttamente, dalla porta principale, nel museo della storia del calcio.

Una storia che possiamo tranquillamente accostare al Pescara di questa stagione che, in almeno tre partite (Gubbio, Spal ed Entella), è riuscito ad accaparrarsi l'intera posta in palio al novantesimo, in piena zona Renato Cesarini.

E ieri in Liguria, terra di calcio e rivoluzioni - da queste parti nacque Cristoforo Colombo e salpò Garibaldi per l'impresa dei suoi Mille -, il protagonista, l'eroe del match, come si accennava qualche riga più su, è stato Simone Franchini da Modena che, al calar della partita - al novantesimo - nell'esultanza coast to coast ha ricordato Gianmarco Cangiano in occasione della vittoria, anche quella in piena zona Cesarini, di Ferrara contro la Spal. O meglio, come abbiamo scritto proprio su Cangiano qualche settimana addietro, ha ricordato, anche Franchini, nell'esultanza, il Prosinečki campione con i campioni della Stella di Belgrado.

"È stata una buona partita [...]. Hanno giocato per l'orgoglio e hanno giocato con il cuore". Sono alcune frasi tratte dal meraviglioso libro di David Peace "Il maledetto United" che racconta la fantastica parabola del più grande allenatore britannico di tutti i tempi, Brian Clough, dalle imprese di Derby County ai 44 giorni sulla panchina del Leeds United tra gli Anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.

Parole che ben si addicono al Pescara di ieri che, di certo, non ha giocato la sua migliore partita stagionale. E altrettanto di certo è stato poco zemaniano, come riconosciuto pure dal tecnico boemo a fine gara: "Sono contento del risultato ma non della prestazione", ha detto Zednek Zeman nelle interviste post gara. Ma ieri l'importante era tornare a vincere, dopo 41 giorni in bianco nel corso dei quali, in campionato, i biancazzurri, restando in tema di colori, avevano racimolato la pochezza di un misero punticino in ben cinque gare consecutive.

Insomma, prendendo spunto dallo scrittore Gianni Rodari "Dopo la pioggia viene il sereno, brilla in cielo l'arcobaleno ". Come dire, visto il periodo dell'anno in cui ci troviamo, l'Avvento - sportivamente parlando - è iniziato nel migliore dei modi per il Pescara che, con il cuore, è riuscito a scartare il primo cioccolatino dal calendario che ci conduce dritti, dritti fino all'antivigilia di Natale, quando - il 23 dicembre - all'Adriatico ospiteremo la Fermana per l'ultima gara del 2023.

Ma non c'è quasi il tempo per rilassarsi perché, in questo vorticoso cammino dai ritmi incessanti, tra 48 ore si torna di nuovo in campo. Ancora in trasferta. Ancora nell'Ovest. Martedì (ore 18.30) si va a Pontedera - che ieri ha sbancato Ancona (0-1) - per il recupero della 14esima giornata.

Si va in terra toscana per confermare la convalescenza e mettersi alle spalle - speriamo definitivamente - gli ultimi 41 giorni da tregenda che abbiamo vissuto. Si va in terra toscana per cercare di vivere ancora, come cantava Claudio Baglioni, quell'attimo di eterno sperando che resti eternamente eterno. Così come, tornando al libro di David Peace, eternamente eterno rimane Brian Clough che, dopo il buio dei quaranta giorni sulla panchina del maledetto United, si riscattò - come il Pescara di ieri dopo il buio degli ultimi 40 giorni -  nella terra di Robin Hood e Mago Merlino vincendo, nel 1979, la Coppa dei Campioni alla guida del Nottigham Forest.

Il Pescara è tornato? Presto per dirlo ma - come cantava Paolo Belli per il Giro d'Italia - "intanto gira e va; pedalando, pedalando [...] per riuscire ad arrivare più in là".

Nel frattempo,  godiamoci,  seppur per poche ore, questo quarto d'ora granata/bincazzurro arrivato in piena zona bianconera/Cesarini.

Questione di leggende. Questione di cromie. Questione di cuore.

Sperando che quel vento di cambiamento e rivoluzioni - quel wind of change - cantato dagli Scorpions ormai nel lontano 1990 torni a spirare forte e fiero sull'universo del Pescara.

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