Croce e...delizia: un Pescara-Empoli da ex
Nel prossimo spezzatino di Sky, il menù del pranzo domenicale è riservato a Pescara - Empoli, e se vogliamo isolare il giudizio partigiano, la scelta del programmatore non si è rivelata felice, trattandosi di un evento di non particolare richiamo.
Trovare qualche annotazione da proporvi, comunque, non mi ha presentato soverchie difficoltà, militando nelle file dei toscani un nostro corregionale Daniele Croce, e per me è stata una piacevole rimpatriata, seppur telefonica, con questo valido centrocampista che seguo da quando il suo nome è cominciato ad apparire nel tabellino delle partite.
- Sono dieci anni che hai svestito la maglia biancazzurra, per approdare all’Arezzo e continuare il sodalizio con Maurizio Sarri. Un trasferimento, pur restando tra i cadetti, con tanti benefici per le casse del Pescara. Quante volte in seguito ti sei imbattuto con la squadra in cui sei cresciuto? “Tre gli incontri, e un bilancio decisamente positivo per me (due vittorie e un pareggio), e in uno dei successi c’è il mio zampino con il gol realizzato all’Adriatico.
- La classifica stenta per Pescara ed Empoli. “La ritengo bugiarda per i valori che in campo riescono a esprimere. Per l’Empoli l’inversione di tendenza ci sarà nel momento in cui si sbloccheranno due bomber del calibro di Maccarone e Gilardino, ancora a bocca asciutta”.
- A tal proposito anche tu in passato non ti sei mai fatto mancare la soddisfazione di bucare la porta avversaria, ma intanto sono passati due anni dall’ultima rete (28 ottobre 2014, Sassuolo - Empoli 3-1). “Dipende probabilmente dall’aver arretrato la mia posizione, ma non m’infastidisce più di tanto”.
- Come e dove nasce Daniele Croce? “Nei registri figura Giulianova, sede della clinica dove vidi la luce il 9 settembre 1982, ma sono rosetano a tutti gli effetti”. Una classica famiglia abruzzese: Roberta, Nicola Anna, Luciano e Marco, due genitori, che gestiscono un supermercato, tre fratelli tra cui Marco anche lui calciatore, centrocampista centrale del Gubbio. Daniele ha portato all’altare Giovanna, rosetana doc, un amore nato tra i banchi di scuola. Dalla loro unione Tommaso, sei anni.
- Nostalgia di Roseto? “Vorrei vedere il contrario…che cerchiamo di alleviare con la nostra presenza in estate”.
- Rosetano, quindi basket nel sangue? “Senza dubbio alcuno, e parte del tempo libero lo trascorro seguendo la Nba. Il mio idolo è stato Mahmoud Abdul-Rauf, che per un anno si è esibito al PalaMaggetti”. Per la cronaca questo straordinario giocatore, gloria dei Denver Nuggets, è noto anche per essere rimasto intenzionalmente negli spogliatoi senza scendere in campo insieme ai compagni a cantare l’inno statunitense.
- Emigrato Sarri per la sua Napoli, l’Empoli toccò a Marco Giampaolo. A Croce rosetano e veterano della formazione toccò fare gli onori di casa. “Conoscevo naturalmente Giampaolo, e lo apprezzavo come tecnico e come persona, e non mi sbagliai. Ancora una volta la scelta della società si rivelò vincente”.
- Croce lo porta su un palmo di mano “Mi piace molto, è stato bravo a registrare i concetti e i metodi dei suoi predecessori, e sono certo che in futuro si parlerà molto di lui”.
- Quando il pari sembrava inevitabile, accadde che… “Non ricordo bene l’azione, ma su una respinta della difesa ospite, stazionavo ai limiti dell’area, mi sono trovato la palla tra i piedi ero ai limiti dell’area e non ci ho pensato un attimo a tirare. Fui travolto dai compagni e insieme all’’urlo dei tifosi intuii che la palla era entrata, e la vittoria conquistata”. Per la Pescara primato in classifica con un punto di vantaggio sull’Avellino, insieme al quale sarebbe poi salito in B.
- Quando appenderai le scarpe al classico chiodo, cosa pensi di fare. “La mia aspirazione è di essere inserito nello staff tecnico dell’Empoli e occuparmi dei giovani”.
- A proposito, chi ha gettato le basi per l’avvio del tuo percorso calcistico? “Dalla Rosetana a portarmi a Pescara furono i fratelli Caporaletti. Il mio primo allenatore è stato Francesco Tomei. Poi Cetteo Di Mascio. Con lui un legame di parecchi anni, a cavallo del ventesimo secolo, educandomi e preparandomi a livello tecnico e anche umano come meglio non avrei potuto desiderare. Nel gruppo di quella generazione figuravano, tra gli altri, anche Marco Stella e Carlo Mammarella. Il primo ha dovuto fare i conti con alcuni infortuni, altrimenti avrebbe potuto aspirare a una carriera migliore. Adesso cura i ragazzi del Castiglione Messer Raimondo, mentre Carlo, lasciata Lanciano, continua a Vercelli a dispensare assist con il suo sinistro fatato”.
- Quali i colleghi per i quali vale la pena pagare il biglietto, e non solo? “In assoluto Lionel Messi, mentre reputo Francesco Totti il più forte italiano di tutti i tempi. Il numero uno tra i compagni Piotr Zielinski, passato al Napoli, un vero fenomeno”.
- A Empoli e dintorni ti conoscono come il “prestigiatore”. Come viene fuori questo soprannome? “E’ stato un giornalista locale, che ha avuto l’idea di affibbiarmelo. Un paragone certamente irriverente con l’asso del Barcellona, Andres Iniesta, che come pochi giocatori al mondo, è capace di nascondere la palla agli avversari. Un vero e proprio mago con il pallone tra i piedi”.
- Nessuna big ha mai bussato alla tua porta? “Il mio procuratore qualche anno fa mi accenno ad avances della Lazio, ma niente di più”.
- Al termine della stagione in corso saranno trentacinque le primavere e il contratto con l’Empoli al capolinea. Nel tuo piano di lavoro cosa è annotato? “Quello di andare avanti con l’Empoli. Con la società ancora non ci siamo seduti a tavolino ma, come in passato, si tratterà di un confronto di pochi minuti”.
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