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Da Curi a Camplone, passando per Galeone: gli "intrecci" di Perugia - Pescara

24.05.2015 09:49

Perugia e Pescara, alle 18,30 di martedì’ si giocheranno in una gara secca l’accesso alle semifinali dei play off per la promozione in serie A. Una partita che volerla presentare alla vigilia, fornisce tanto materiale: dalla presenza nella panchina del Perugia di Andrea Camplone e del suo vice Giacomo Dicara e nell’organico, di Nielsen, Nicco, Crescenzi, Rizzo.  Andando indietro nel tempo il passaggio nella società di Gaucci di Camplone, Dicara, Gelsi, Pagano, e di Galeone che nel 1996 riportò i grifoni nella massima serie. Ancora Aldo Agroppi che dopo la Primavera umbra venne a Pescara per disputare una più che onorevole stagione. E che dire di  Gianluca Pacchiarotti che detiene  il record di più giovane portiere esordiente in Serie A, essendo sceso in campo il 9 marzo 1980, all'età di 16 anni e 192 giorni, con la maglia del Pescara, in occasione della sconfitta esterna col Perugia. Renato-Curi[1]Il momento più significativo e che più mi prende è il ricordo di Renato Curi e la sua tragedia umana e sportiva Un giocatore straordinario, sicuramente il migliore tra i tanti, cresciuti e regalati al calcio da Cetteo Di Mascio. Era il 30 ottobre 1977 e da circa un’ora avevo lasciato lo stadio Olimpico di Roma dove avevo seguito la prova del Pescara contro la Lazio.  Nell’alternarsi dai vari campi dei collegamenti di “Tutto il calcio minuto per minuto”, s’inserì Sandro Ciotti, cui quasi uno stizzito Enrico Ameri, passò la linea. “Il centrocampista Curi del Perugia è morto”, la sua tremenda comunicazione. Nello stadio di Pian di Massiano, che poi gli sarebbe stato dedicato, era di scena la Juventus di Trapattoni. Una giornata di pioggia, il campo fradicio. Cinque minuti dopo il riposo, Curi si accascia esanime a terra senza un gemito. Accorrono compagni e avversari, che subito avvertono il dramma. Il suo cuore aveva cessato di battere. Di Renato Curi ho sempre in primo piano la toccante testimonianza di Ilario Castagner. Il suo allenatore scrisse un brano pubblicato in prima pagina nell’organ house dell’A.C. Perugia “Fuorigioco”” il 20 novembre 1977. Un pezzo che non perdo occasione per andare a rileggere e che sottopongo alla vostra riflessione nella sua stesura originale.  NELLA NAZIONALE DEL CIELO…. “Ti ricordi Renato quando ci siamo incontrati?”. Mi sorridesti e mi dicesti: “ Che ci fa qui in Sardegna con la 24 ore e l’ombrello”? Era il maggio del 1973. A Bergamo si giocava Atalanta - Vicenza per la permanenza in serie A. Mi avevano detto: “Vai a Sassari a vedere Torres - Giulianova”. A Bergamo pioveva ed io avevo l’ombrello. Un’ora di aereo e l’ombrello non serviva più: era una cosa ridicola con quel sole che spaccava le pietre. Ero stato mandato per vedere un tuo compagno, invece io mi entusiasmai per te. Rimasi impressionato dal tuo splendido tocco di palla – dai tuoi movimenti rapidi e brevi – dal tuo modo di giocare senza pallone - dalla tua decisione nei contrasti – dalla tua progressione palla al piede a testa alta – dalle tue pennellate ai compagni. Ero rimasto colpito dal tuo genio calcistico. Tu vincesti la partita. Per me invece fu una delle più brutte giornate della mia vita: l’Atalanta era retrocessa in serie B. “ Glielo porto io l’ombrello “ mi dicesti col tuo sorriso di sempre cercando di rincuorarmi. Ci siamo ritrovati insieme dopo un anno qui a Perugia. Ti sei innamorato della città; hai fatto amicizia con le persone che ti stanno vicino. Qui hai creato il tuo mondo con Clelia e Sabrina. “ Come si sta bene a Pescara” mi dicevi continuamente. Sei stato unna delle colonne portanti del nostro Perugia, artefice primo di tante giornate felici. Ti ricordi Renato: “Vai deciso sulla palla, ti dicevo, sui calci d’angolo avversari – la diagonale d’attacco – la diagonale di difesa – doppia il compagno – scale le marcature”. E tu con lo sguardo sereno pronto a sacrificarti. Ti ricordi Renato: “ Voglio rientrare con la Juve” mi dicevi. Poi la tua speranza si velò di tristezza per la botta presa durante l’allenamento di Spello. “ Ce la faccio lo stesso “ mi dicevi. Il provino felice del sabato ti aveva rasserenato. E domenica mattina 30 ottobre: “ Sto benissimo mister voglio giocare, sento che oggi farò una grande partita”. Fuori intanto cominciava a piovere. Nello spogliatoio di Pian di Massiano stavi preparando il tuo grande rientro. Sei entrato in campo col tuo solito sorriso. La pioggia diventava sempre più prepoptente e tu sei caduto senza un gemito. Avevo dimenticato l’ombrello Perdonarmi Renato se non sono riuscito a proteggerti. Ci hai lasciato con tuo solito sorrido. Ognuno di noi ha il diritto di scegliere come vivere e come morire. Per tutto ciò che hai fatto, per tutto ciò che eri, avresti meritato di giocare in Nazionale. Ora però sono sicuro che avrai un posto fisso nella Nazionale del Cielo.  Di-Sciascio[3]  

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