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Sono passati trent'anni da quando ci ha lasciato Tom Rosati

09.09.2015 10:15

Nel mio precedente contributo mi sono soffermato sulle presenze del Pescara nel campionato di serie B;  un’operazione meramente statistica, zero giudizi o impressioni. Eppure per decenni numerosi i presidenti che avvalendosi di allenatori che andavano per la maggiore e allestendo, non badando a spese, formazioni di tutto rispetto provarono ad approdare nella serie superiore. Un vero e proprio romanzo, pasticciato tra il vecchio Rampigna, lo Stadio Adriatico e tutti i campi della serie C, ultimo il Comunale di Trani dove si consumò la più amara delle retrocessioni,  in serie D. Pescara sportiva non riusciva ad accettare   l’accaduto, anche se a volte non tutti i mali vengono per nuocere e che da una situazione spiacevole può  scaturire un vantaggio. Un evento che disegnò, infatti,  un sodalizio senza fine, che vi tratteggerò in avanti. Prima non posso sottrarmi a fornirvi un dato ben preciso. Trent'anni fa, giorno più giorno meno, per l’esattezza il 26 agosto 1985, ci lasciava Domenico Rosati, Tom per tutti. Cadè prima e Galeone poi, loro forse più di Angelillo, hanno fatto segnare tappe indimenticabili, ma chi ha fatto la storia del calcio pescarese del dopoguerra è stato sicuramente lui. Dall'incontro di Chiesina Uzzanese con l'affranto Salvatore Galeota, nell'estate del 1972, qualche mese dopo la retrocessione in serie D, all'ultimo disperato appello di Vincenzo Marinelli, che a lui si rivolse, e il ricordo di Latina è immortale. Dieci anni dopo fu ancora lui a riportare la società biancazzurra tra i cadetti. Quanti regali ha tenuto in serbo per il ’suo' Pescara. Da Lopez, pescato nelle minori del Bari, al mai troppo rimpianto Zucchini, reputato finito dall'Avellino, Nobili, Repetto e Santucci, dando corpo a quell'armonico centrocampo che avrebbe fatto le fortune anche delle formazioni di Cadè e Angelillo. Ricordate Filippo Galli, l'imperioso baluardo del Milan fresco campione d'Italia. La società rossonera aveva risposto picche a tutte le richieste di prestito, ma a Tom non aveva potuto negarlo, ben sapendo che il suo giovane talento avrebbe potuto solo migliorare sotto la sua guida. Prima di lui l’interista Bortolo Mutti. L'anno successivo, in serie B, é la volta di Tovalieri, Roselli, Rebonato, si proprio lui, che riuscì a trasferire sulle rive dell'Adriatico pochi giorni dopo la sua apparizione in Coppa dei Campioni nelle file del Verona. Tre successi dal punto di vista tecnico e, sopratutto, finanziario.  Regali che hanno permesso alla società biancazzurra di vivere di rendita, prima, e di ripianare poi guasti prodotti da colleghi poco accorti. A lui e a Galeone, Marinelli, De Leonardis, Taraborrelli e Filippo De Cecco, devono se dopo alterne fortune, sono riusciti a passare la mano senza tirare fuori parti importanti del loro patrimonio. Sergente di ferro, come a qualcuno piaceva definirlo, ma con un cuore d’oro. Come giocatore le prime apparizioni nella Sambenedettese. Centromediano, e poi libero, difficilmente superabile anche per il gran fisico, testa pelata, mascella volitiva. Altre esperienze a Teramo e Chieti, che doveva diventare la sua città di adozione. Una carriera dalle innumerevoli soddisfazioni e pochissimi i rimpianti per Rosati allenatore. Non é mai riuscito a farsi una ragione per la tragica fine di Erasmo Iacovone, l’attaccante del Taranto che sotto la sua direzione stava facendo sognare ai tifosi della città dei due mari pugliesi la Serie A. A lui, reduce dal vittorioso campionato con il Palermo, la società pugliese si era legata nell’estate del 1985 per tornare in serie B. Il 10 agosto nel ritiro di Gubbio fece conoscenza con i suoi nuovi ragazzi. La cronaca di quel giorno diventò storia, rimanendo l'unico contatto con la comitiva rossoblù. Quel Taranto, cosi come lui l'aveva concepito, riuscì a tornare in serie B, rispettando le consegne. La sera di lunedì 26 agosto 1985 il male ebbe definitivamente la meglio su questo speciale protagonista del calcio.

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