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I grandi ex - Baka Sliskovic, genio e sregolatezza

Il portale storiedelboskov.it ha raccontato in modo suggestivo l'espeienza di Baka a Pescara

06.01.2020 00:22

 

Se le frontiere fossero state aperte prima, probabilmente sarebbe arrivato in Italia con la maglia di un grande club. Se avesse avuto un'altra testa forse sarebbe nella top ten di tutti i tempi per quanto riguarda i calciatori europei. Balz "Baka" Sliskovic è stato, insieme all'amico Leo Junior, il miglior straniero nella storia del Pescara. 

Il portale storiedelboskov.it ha raccontato in modo suggestivo l'espeienza di Baka a Pescara. Vi riproponiamo integralmente il pezzo: 

Una carriera geniale e sregolata, con il cuore a dettare tempi e movimenti. Blaz Baka Sliskovic amava e veniva amato dalle sue passioni: le donne, i vizi, il calcio, il Pescara e Giovanni Galeone

Aveva scelto Pescara anche perché dalla finestra del suo nuovo appartamento poteva provare a vedere il suo Paese, la sua casa. Era là, oltre quella lingua d’acqua chiamata Mar Adriatico, bella e affascinante come sempre, madre premurosa di tenere uniti i suoi figli, così diversi e così uguali. Blaz Sliskovic, per tutti Baka, veniva da Mostar, amava la sua terra e amava il mare. Spalato, Marsiglia e ora Pescara, le città costiere gli mettevano allegria. E, tutto sommato, gli permettevano di coniugare il calcio con le altre passioni della sua vita: la notte, i locali, le donne, Baka non poteva farne a meno. Capita quando si è ventenni, in ritiro con l’Hajduk Spalato, e ci si innamora di una ginnasta sovietica. Lì le possibilità sono due: se la testa non sceglie, lo farà il cuore. E Sliskovic su questo non ha mai avuto dubbi, tanto da sparire nel nulla per quasi un anno dietro ad un amore che forse tale non era, ma che era nella sua indole seguire fino alla fine.

Attenzione però, ridurre il tutto ad un ragazzino viziato e privo di rispetto verso lo sport che pratica sarebbe profondamente ingiusto. È vero, Sliskovic coltivava i suoi vizi con cura maniacale, tra i venti caffè giornalieri e la sigaretta in bocca che non mancava mai, ma in campo nessuno aveva il coraggio di rinfacciarglielo. Geniale, era semplicemente geniale, tra i talenti più puri della generazione jugoslava degli anni ’80. E basta sforzare un po’ la memoria per capire che non è poco.

A Pescara Sliskovic ci arriva da Marsiglia, dopo aver vinto il premio come miglior straniero dell’anno ed essere stato messo fuori squadra. Contraddizioni, ma d’altronde c’è chi è convinto che la bravura di un giocatore non si misuri solamente in campo. Baka chiede di andarsene, anche in prestito, perchè ha 28 anni e di starsene fermo a guardare gli altri proprio non gli va. Arriva la chiamata dall’Abruzzo, la Serie A, e Baka si innamora di nuovo. Ma questa volta, al posto della ginnasta sovietica, ci sono un uomo e una città. C’è Giovanni Galeone, ciuffo ribelle e idee rivoluzionarie, che con il suo 4-3-3 ha portato in Serie A una squadra costruita per la C e solo in estate ripescata in B. Il mister lo aveva notato due anni prima, nel doppio incontro tra Hajduk Spalato e Torino in Coppa Uefa. Due gol in due partite, un tiro al volo e una punizione da trenta metri.

Sliskovic ha qualcosa che fa letteralmente impazzire l’allenatore napoletano. Nelle sue giocate Galeone riconosce l’essenza dello sport, quella che lui stesso definisce come «l’emozione, la varietà e l’imprevedibilità delle situazioni». Ma il genio sregolato saprà adattarsi alla dura vita del calcio italiano? Esordio in Coppa Italia con il Genoa, gol. Secondo turno contro la Roma, tunnel a Bruno Conti. Esordio in campionato, gol su rigore a Zenga. Pescara si gode il suo genio, accettando di buon grado anche la sregolatezza. Galeone conferma le prime impressioni, i due si amano alla follia. Si piacciono e si somigliano: testardi, costantemente controcorrente, innamorati di un calcio che sublima il senso del gioco, con buona pace dei catenacciari dell’epoca e tanti appunti per l’emergente Zdenek Zeman.

Grazie al trio Leo Junior-Galeone-Sliskovic il Pescara viaggia a gonfie vele verso la prima ed unica salvezza della sua storia in Serie A. Il fantasista jugoslavo segna otto reti, liquidando in fretta le voci che lo volevano sovrappeso per via di quello scafo che, si dice, ogni tre settimane arrivava a Pescara carico di primizie culinarie jugoslave: cevapcici, formaggi, fiaschi di vino e le immancabili bottiglie di Slivovitz, gradevoli compagne di infinite partite a carta con mister Galeone.

Tutto procede per il meglio, e nessuno, davvero nessuno, si aspetta che quella splendida storia d’amore sia destinata a naufragare così presto. È il 10 aprile 1988, il Pescara è in trasferta nella Torino granata, e Sliskovic è sulla cresta dell’onda. Lo vogliono Roma e Juventus, mentre Galeone già programma la prossima stagione. Idee, sogni, che si frantumano in un banale quanto casuale infortunio, che insieme rompe i legamenti e i sogni del fantasista, levandogli anche l’inutile consolazione di prendersela con qualche difensore troppo rude. Galeone parla con la società, crede nel recupero del fantasista. Lo vuole confermare, e affiancare a lui e a Junior l’attaccante del Bordeaux, Vlatko Vujovic, che Sliskovic conosce e stima dai tempi dell’Hajduk.

L’avventura italiana di Sliskovic però è destinata ad interrompersi. Il Pescara ci prova, ma si deve arrendere di fronte alle richieste del Marsiglia – circa 8 miliardi di lire – e a fine stagione Sliskovic fa le valigie per tornare in Francia. Si rivedrà a Pescara nel 1992, ancora con Galeone, ma questa volta il miracolo non si ripeterà. Particolari, dettagli a contorno di una storia d’amore che è stata unica, slegata dal tempo in cui è stata vissuta e proiettata nella storia di una città. Sliskovic è tornato a Pescara lo scorso anno; ha passeggiato per il corso, firmato autografi, ricevuto abbracci, strette di mano e ringraziamenti per quello che avvenne ormai 28 anni fa. Nel frattempo tutto è cambiato. Il suo paese, la sua città, ciò che si vede al di là dell’Adriatico. È tutto diverso. Ma l’affetto dei pescaresi, quello no, quello è rimasto intatto, tanto da sorprendere anche lui, che pure dei sentimenti ha fatto l’unica guida da seguire. «Tanto affetto proprio non me l’aspettavo, soprattutto non l’ho trovato in nessuna delle tante città in cui ho giocato o ho allenato lontano dalla Bosnia. C’è addirittura un signore che mi ha detto che suo figlio oggi ha 23 anni e si chiama Baka, incredibile…».

E proprio nella sua ultima visita pescarese, quella raccontata in calce al pezzo di Carlo Perigli, noi abbiamo realizzato questa video intervista che ora vi ripropioniamo qui sotto: buona visione!

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