Errare è umano, perseverare è diabolico...
Pescara, il fallimento sportivo è la base di ogni successo se...
A CURA DI MATTEO SBORGIA - Errare è umano, perseverare nell’errore riconoscendolo quando ormai forse è troppo tardi, è diabolico. Il fallimento fa parte del successo a patto che sbagliando si impari a correggere seriamente il tiro.
La stagione del Pescara, diciamolo senza remore, non è nata sotto una buona stella. La retrocessione sul campo del campionato scorso a cui hanno posto rimedio i guai del Trapani, non ha insegnato nulla. Anzi. Non c’è assolutamente stata, da parte di chi di dovere, la tanto agognata presa di coscienza. O meglio: alle parole non hanno fatto seguito fatti seri e concreti. Le scelte poco felici che si sono susseguite sono state solo la conseguenza naturale di un modus operandi pieno di falle compiuto a monte.
E’ stato costruito un organico non idoneo, privo di struttura ma anche degli uomini giusti. Si è puntato tutto sui prestiti di giocatori non pronti o a fine corsa. Dunque ,niente progettualità. Non c’è stato il tanto invocato repulisti generale, ma non solo. Sono arrivati profili poco funzionali al principale obiettivo del Pescara: la salvezza. Non si è compreso, infatti, che tutto passa dal mantenimento della categoria. Capone. Valdifiori, Omeonga, Ceter, solo per dirne alcuni, non sono calciatori abituati a lottare per un campionato nei bassi fondi che nessuno si aspettava di rivivere ma che necessariamente bisognava preventivare.
Richiamare Oddo non è stata una buona decisione. Il suo esonero, troppo tardivo. Poi, il resto, è storia nota. Da Breda si è passati a Grassadonia. Nel mezzo c’è stato il calciomercato di gennaio in cui si è tentato, senza riuscirci, di correggere gli errori commessi in estate. Risultato: sono arrivati tanti giocatori poco utilizzati dai rispettivi club, nonché assolutamente non avvezzi alla “garra” e che non hanno saputo ancora dare il loro contributo. Daniele Dessena è l’eccezione. Machin è ormai più che una risorsa un equivoco tecnico e tattico.
La squadra biancazzurra ha il peggior attacco e la peggior difesa, primato quest’ultimo, che condivide con Entella e Reggiana. Ora mancano le cosiddette “otto finali” ma i segnali poco confortanti dimostrati finora della compagine dannunziana, non lasciano ben sperare. Nulla è ancora perduto e la matematica non condanna (per il momento) il Delfino al baratro. Una cosa è certa però: bisogna prendere coscienza della situazione e lottare fino all’ultimo.
La società (a prescindere dal risultato) dal canto suo, dovrà a campionato concluso, senza indugi ammettere gli errori e parlare con chiarezza ed umiltà. Il fallimento sportivo è alla base di ogni successivo successo sportivo. Basta solo volersene rendere conto.
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