Alle origini di Pasquale Marino - Marsala
MARSALA - Il sole della Sicilia rende l’aria bollente anche nelle giornate coperte da nuvole con la pioggia che sembra imminente. L’afa ti stringe in una morsa soffocante e rende difficoltoso fare anche pochi passi. Il clima di questa terra tempra uomini duri e forti ma di animo nobile. A Marsala, città di poco meno di centomila abitanti, nel primo pomeriggio ci sono solo i turisti, per lo più stranieri, ad animare le vie del centro mentre gli autoctoni sono rintanati nelle proprie case oppure al fresco delle abitazioni nelle campagne circostanti. Pasquale Marino è l’orgoglio di questa città e di questa Provincia: c’è profondo campanilismo tra Marsala e Trapani, ma il nome dell’attuale tecnico del Pescara sembra mettere tutti d’accordo. E’ il simbolo della Sicilia che ride, che suda ma che è riuscita ad emergere in una sorta di riscatto del quale tutti si sentono partecipi ed un po’ anche protagonisti.
La trasferta del Delfino a Trapani ci fornisce l’occasione di un piccolo viaggio nei luoghi d’origine di mister Marino. Cerchiamo qualcuno che conosca Marino e qualche aneddoto di quando l’allenatore biancazzurro era ancora un ragazzo. Chiediamo in giro a qualche negoziante, tutti lo conoscono di fama ma nessuno ha avuto il piacere di conoscerlo personalmente. Si avvicina un signore di sessant’anni, Salvatore detto Turi: “abitavo nel palazzo di fronte a quello del papà. In via D’Azeglio”, dice con orgoglio, e si offre di farci da guida per la città alla ricerca di suoi amici che hanno sicuramente qualche storia curiosa da confidare. “E’ amatissimo”, ripete più volte, “qua ne parlano tutti ma adesso in giro non c’è nessuno”. Ci racconta la sua esperienza di calciatore nel 1957-59 nell’Olimpia, quando Marsala era una vera fucina di campioncini in erba e meta di scouting da parte di Levratto. “Prima di Pasquale c’erano tanti altri bravi calciatori che potevano fare carriera, ma non c’erano soldi e tutti hanno scelto un’altra strada”.
La ricerca sembra vana, gli anziani –quelli che maggiormente ci possono aiutare- generalmente animano le vie del centro che circondano la Chiesa Madre ma oggi sono tutti a riposare. Salvatore ci porta in un Circolo dove un suo omonimo dice di conoscere bene il mister: “Uccio –così chiamano qua Marino- è stato un bravo calciatore ed adesso è un bravo allenatore”, dice con un tono di giustificato orgoglio, “ma è soprattutto una persona seria e perbene. Non lo dico da marsalese perché è un mio compaesano”, continua, “ma perché è la verità. Quando lo vedete portategli i saluti di Salvatore, il camionista che gli ha portato il cancello nuovo alla villetta al mare. Se volete vi ci porto”. Alla comitiva si unisce anche lui adesso, ma glissiamo sull’offerta.
I due Salvatore ci portano da Vincenzo –“il benzinaio sa tutto”, dicono quasi in coro in un italiano con forte cadenza sicula, “lui avrà tanto da raccontare”. In effetti è così. Vincenzo, gentilissimo come gli altri due signori, ci spalanca le porte del suo mondo, quello del Club Azzurri Marsala – Sportiva Fulmine. Lascia per una decina di minuti la pompa di benzina e ci mostra la via che conduce alle origini di Pasquale Marino. Apre la sede del Club e ci mostra foto e cimeli, snocciolando qualche piccolo aneddoto di quando Marino indossava quella maglia prima di spiccare il volo nel calcio vero (“ha portato il Catania in A”, dicono più volte). Non ci racconta nulla di eccezionale in realtà, ma la cortesia di Vincenzo e la gioia nei suoi occhi mentre parla del loro celebre compaesano lasciano di stucco. “Mi raccomando”, ci dice prima di salutare, “lunedì ci dovete fare il regalo di battere il Trapani. Noi siamo rivali loro e tifiamo per voi”. Sorride di gusto ed è sincero, prima di stringerci per l’ultima mano insiste per farci un dono, simbolo di quella ospitalità tipica della Magna Grecia che qui non è passata di moda neanche nel 2013. Ci porge una ciambella di pane all’anice di grosse dimensioni: “si chiama 'U Squarato', mangiatela alla nostra salute e per festeggiare la sconfitta del Trapani”.
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