30 maggio 1993: quando Davide sconfisse Golia
1936 - 2016: 80 anni di Pescara Calcio, 80 anni di passione, amori, gioie e dolori. Tra le tante imprese biancazzurre, oggi PescaraSport24 ha deciso di raccontarne una in particolare, affidandola alla penna del giornalista Andrea Colazilli. Buona lettura!
Campionato 1992/93. La serie A era a 18 squadre, la vittoria valeva 2 punti, i biglietti nominativi ed i tornelli erano lontani anche solo dall’essere concepiti. Un altro calcio, insomma, per certi versi più semplice e genuino dove, tranne rarissime eccezioni, si giocava SEMPRE la domenica alle 15 e dove guardare 90° minuto con la sintesi di tutti gli incontri era ancora un “must”.
In quella stagione, tra le 18 protagoniste della serie A, c’era anche il Pescara, alla quinta partecipazione della sua storia nel massimo campionato. Non fu un cammino esaltante, a dirla tutta. Partenza col botto con vittoria all’Olimpico contro la Roma, pirotecnico 4-5 col Milan, poi una lenta, continua ed inesorabile agonia nei bassifondi della classifica. Di fatto quel campionato, per il Delfino, divenne ben presto una sfida con l’altra neopromossa Ancona: una sorta di “derby dell’Adriatico” per evitare l’ultimo posto, che alla fine non arrise ai colori biancazzurri.
Il 30 maggio 1993, quando la serie B era già realtà, all’Adriatico (non ancora “Cornacchia”) arrivò la Juventus. Non la Juve schiacciasassi dei giorni nostri, in quegli anni era il Milan a farla da padrona, ma era comunque una “Signora” squadra (mi si passi il gioco di parole), guidata dal Trap e che poteva fregiarsi di giocatori del calibro di Roberto Baggio, Andy Moeller, Gianluca Vialli, Fabrizio Ravanelli, Angelo Peruzzi. Insomma, la sfida di quell’assolato pomeriggio di fine maggio, si presentava quantomeno impari.
Il Pescara, visto dagli addetti ai lavori e non come designata vittima sacrificale di quel match, scese in campo con Fabio Marchioro tra i pali, Salvatore Alfieri, John Sivebeak, Giacomo Di Cara e Totò Nobile in difesa, Ottavio Palladini, Carlos Dunga, Massimiliano Allegri e Emiliano De Iuliis a centrocampo, Stefano Borgonovo e Giuseppe Compagno in attacco. A guidare quell’undici, l’indimenticabile Vincenzo Zucchini che, poco più di due mesi prima, aveva preso il posto del “profeta” Galeone.
Pronti via e dopo appena 2 minuti la Juve era già in vantaggio, grazie al gol di Ravanelli. Sembrava l’inizio della disfatta, ed invece, stava per aprirsi una delle pagine più esaltanti della storia biancazzurra. Il Delfino, incurante del passivo e senza timori reverenziali, iniziava a dominare in lungo e in largo: ritmi forsennati, occasioni da gol a ripetizione e meritato pareggio che arrivava con il rigore trasformato da Max Allegri al 32’. Già, proprio quell’Allegri che sta facendo ora le fortune della Juventus e che, nel Pescara di quel campionato, fu il migliore realizzatore con ben 12 centri.
Finita qui? Macchè! Nella ripresa, se possibile, il Delfino si esaltò ancor più. Minuto 50, sugli sviluppi di un corner il compianto Stefano Borgonovo si esibì in un numero al limite dell’impossibile: rovesciata al volo e palla all’angolino alla destra di Peruzzi. Pescara in vantaggio, che 9 minuti dopo faceva tris. Destro da fuori del solito Allegri, deviazione di Carrera e palla che si insaccava bucando la rete. 3-1, un dolce sogno che stava per tramutarsi in stupefacente realtà per tifosi e calciatori biancazzurri, un incubo già maledettamente tangibile per i bianconeri. E le emozioni non erano ancora finite. Una Juve completamente allo sbando, per di più ridotta in 10 dall’espulsione di Moeller, veniva umiliata del tutto ed infilata altre due volte da un Pescara inarrestabile, che si guardava bene dal non infierire. All’86’ era il turno del subentrato Antonio Martorella, al suo primo ed unico gol in serie A. Una marcatura storica, che contribuì a fare del giovane attaccante - futuro assessore provinciale ed attuale allenatore e socio della gloriosa società della Renato Curi - l’unico calciatore italiano ad essere andato a segno in tutte le categorie calcistiche, dalla serie A alla terza categoria. A tempo scaduto c’era gloria anche per un altro giocatore che ha legato in maniera indissolubile le sue fortune calcistiche alla città di Pescara, Ottavio Palladini.
Finiva così, con un pazzesco e memorabile 5-1. Una disfatta storica per la Juventus, una soddisfazione incredibile ed indicibile per il Pescara, che riscattò un intero campionato e si regalò contro un avversario così blasonato la vittoria più larga della sua storia in serie A.
Si disse che la Juve arrivò a quella partita scarica e con la testa già in vacanza. Forse, fatto sta che quella debacle i bianconeri la pagarono cara, letteralmente; il Trap e l’allora presidente Boniperti decisero di decurtare ad ogni giocatore 25 milioni di lire dal premio stabilito per la vittoria della Coppa Uefa. Tutto per colpa di un Pescara che quel giorno maramaldeggiò per tutti i 90 minuti; basti pensare che per rivedere la Juve subire 4 gol in unico tempo, passarono qualcosa come 20 anni pieni (Fiorentina-Juventus 4-2 del 20 ottobre 2013). Un dato che rende ancor più grande ed epica l’impresa biancazzurra.
Per rivedere il Pescara in A, come sappiamo, si dovette aspettare fino al 2012, ma questa è un’altra storia. Il congedo dalla massima serie del Delfino fu assolutamente in grande stile, in quel 1993. Già, il 1993: un anno in cui nei nostri portafogli c’era l’amata Lira, in cui nelle sale cinematografiche usciva “Jurassic Park, in cui l’inchiesta “Mani Pulite” sconquassava le fondamenta della politica italiana, in cui il Pescara vinse 5-1 contro la Juventus. Un anno dove il piccolo Davide sconfisse – dandogliele di santa ragione – il gigante Golia.
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