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PESCARA: DR. JEKYLL O MR. HYDE?

29.02.2016 09:49
Ecco il nuovo appuntamento con la rubrica di PescaraSport24 “Calciologicamente”. Un punto di vista diverso da quello consueto sulle vicende biancazzurre affidato al dott. Pietro Literio, che anche in questo numero dello spazio da lui curato analizza il momento del Delfino del tutto peculiare, che non manca affatto di spunti interessantissimi. Buona lettura! Il Pescara ritorna a sorprendere, ma non a perdere. L’atteggiamento mentale visto contro l’Ascoli è nettamente diverso da quello osservato precedentemente a Cagliari: minore aggressività e più insicurezza, nell’apparente inspiegabilità. Torna a sbagliare e male il Delfino, con la difesa in particolare che fatica a tenere e proteggere la palla, arrivando così a “sciupare il tesoretto” accumulato nelle famose sette partite consecutive vinte (in presenza del leader Campagnaro nel reparto arretrato). Oddo fortemente arrabbiato e deluso ha infatti dichiarato a fine gara, “a caldo”, che la squadra è immatura (anche un po’ provocatoriamente). Ma cosa è successo? Partiamo dai fatti, dai “numeri”: l’Ascoli ha difeso meglio la sua porta, con 70 palloni recuperati contro i 51 del Pescara e con una percentuale del 51,1% di protezione della propria area rispetto al 41,5% del Pescara. Ancora, l’Ascoli ha anche attaccato più la porta avversaria (58.5% contro il 48.9% del Pescara), anche se il Delfino è stato per tutta la partita nettamente più pericoloso (66,4% contro il 46,2% dell’Ascoli), cioè più capace di mantenere il possesso palla, di verticalizzare, di giungere al tiro e di creare occasioni da rete. Pertanto, è importante provare a CAPIRE bene perché abbiamo assistito a quest’ultima prestazione “sottotono e strana” (confermata dai numeri), dopo l’atteggiamento mentale “sicuro” che abbiamo ammirato a Cagliari. Certamente, alcune contingenze specifiche hanno influenzato l’aspetto e l’atteggiamento mentale in campo del Delfino. Il primo di queste è L’ASSETTO TATTICO delle squadre: l’Ascoli si è presentato sul campo con cinque difensori, quattro centrocampisti e un solo attaccante. Insomma un “MURO” (di Berlino), un “9-1” o “10-0” per dirla alla Oddo. Non solo: se andiamo a guardare la FISICITÀ di tale “muro” si scopre che l’altezza media dei giocatori dell’Ascoli in campo era di 185 centimetri (con due difensori oltre il metro e novanta), contro una media più bassa del Pescara e con diversi giocatori biancazzurri, da centrocampo in su, sotto il metro e settanta. L’ingresso di Cappelluzzo, giocatore di struttura, più fisico (alto oltre un metro e ottanta) ha iniziato a fare la differenza in attacco e ha permesso il gol del vantaggio. L’Ascoli inoltre presentava anche un altro vantaggio rispetto al Pescara, che contribuisce a fare la differenza a livello mentale: l’età media più alta (e quindi la maggiore esperienza) dei suoi giocatori in campo. A tale fisicità, maggiore esperienza e atteggiamente tattico dell’avversario (il “Muro”) si aggiunga l’assenza nel Delfino dell’altro leader in campo, il capitano Memushaj, che modifica nuovamente gli equilibri tattici e “MENTALI” (rispetto a Cagliari): è lui l’anima del Pescara, per la forza che trasmette alla squadra con il suo esempio (di “combattente”), con la sua grinta e determinazione in campo. In tale “cornice” (più instabile) si rendono più probabili poi gli errori tattici individuali (vedi rinvio di Fiorillo nel primo gol e le incertezze dei difensori) e si inserisce l’identità precisa e prevedibile di gioco del Pescara (ormai irrinunciabile e parte del suo “Dna”) fatta di palla a terra, tiki taka e verticalizzazioni improvvise fino a dentro l’area avversaria, che spesso si è infranta contro il “muro” e la fisicità dell’Ascoli.   Non arriva poi nessun colpo di “Coda”: il nuovo difensore inserito da Oddo non aiuta in questa occassione a dare più equilibrio e sicurezza al reparto difensivo, con tutta “l’orchestra” Pescara che, a differenza di Cagliari, “stona” e fatica nel primo tempo (per i motivi finora esaminati). Se a tutto ciò si aggiunge la “sfortuna” (ovvero il caso contro), con la traversa finale di Zampano e le altre occasioni create e non finalizzate (a causa dell’ultimo guizzo o rimpallo mancati davanti alla porta avversaria) la “tempesta perfetta” è servita. Da non sottovalutare poi la contingenza rappresentata dal ritorno del “caso” Cocco: un mistero la sua prima non convocazione che può aver inciso sull’atteggiamento mentale della squadra in campo, ma di cui non conosciamo i retroscena. Nulla comunque è perduto ma occorre mantenere la calma e la fede (o “autoefficacia”) nel Delfino poiché “poche rondini non fanno primavera”. Bisogna continuare a credere in questa squadra, anche dopo la gara con l’Ascoli, per un motivo principale: nonostante le contigenze, gli imprevisti e cambiamenti che perdurano (e sono tanti tra le assenze di Campagnaro, Memushaj e i nuovi innesti) il giovane Delfino, a differenza del passato, recupera e non perde nelle ultime quattro gare (se si esclude quella di Cagliari dove addirittura meritava di vincere). Nel periodo di tempesta, ovvero in assenza dei suoi “capitani” (prima Campagnaro e ora Memushaj) la GIOVANE nave del Pescara “barcolla ma rimane a galla”, dimostrando così la sua maturità in crescita e non la sua immaturità come dichiarato “a caldo” (e anche provocatoriamente) da Oddo nel post-gara. Pertanto, in attesa del prossimo ritorno dei leader in campo, dei “capitani” della giovane “nave” Pescara nel “mare mosso”, ancor di più bisogna sostenere la squadra dall’esterno con la fiducia e il calore del pubblico (come avvenuto a fine gara), continuando a tifare più forte di prima e ora più che mai, forza Pescara!

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