“Missione compiutA: Addio alla Serie B”
“Calciologicamente”, edizione "festa". Riecco la fortunatissima rubrica di PescaraSport24 curata da Pietro Literio che racconta le vicende del Delfino da un punto di vista del tutto peculiare. Buona lettura!
“Baciamo le mani….” anzi i piedi talentuosi e magici di Verre che ci hanno regalato la serie A. La sua giocata imprevedibile ma lucida è un vero e proprio esempio di pensiero “divergente”, creativo o fuori dagli schemi (in azione) e applicato alla soluzione del problema in quel momento: lo “spauracchio” dello svantaggio per 1 a 0 e del possibile recupero e gol, da un momento all’altro, da parte del Trapani.
Lo “sbarco dei 404” tifosi (e più) in terra siciliana ha avuto successo. Un anno in più per raggiungere la serie A ma ce l’abbiamo fatta e ne è valsa la pena. Anzi, il magico gol di Verre vale la traversa di Melchiorri dello scorso anno, ma con gli interessi.
Possiamo dire “Missione compiutA” e profezia dell’ex presidente del Bologna, Joe Tacopina, avverata e rispettata: fu lui a dichiarare nella finale dello scorso anno contro il Bologna (di cui era presidente) “quest’anno andiamo noi in serie A e il prossimo anno il Pescara”.
Ma soprattutto, permettetemi di ricordare con un pizzico di orgoglio, la mia previsione e valutazione quando nel mio articolo del 25 febbraio 2016, dopo la sconfitta immeritata di Cagliari e in tempi non sospetti, dichiarai testualmente: “è nato il PESCARA 2.0 che andrà in serie A (dichiarazione di cui sono convinto e di cui mi assumo la responsabilità alla luce delle riflessioni e analisi finora fatte). Dalla delusione di Cagliari è nata quindi la certezza, la sicurezza che il nostro Pescara non può che migliorare ed essere definitivamente pronto e maturo per conquistarsi la serie A.”
Tornando al finale e alla festa, come ha ammesso lo stesso Oddo a Trapani (nel primo tempo soprattutto) “abbiamo fatto una delle nostre peggiori partite”, anche per l’aggressività dell’avversario e per la paura del Delfino (di non farcela).
I biancazzurri, però, hanno dimostrato tutta la loro “RESILIENZA” (o meglio “autoefficacia resiliente”): capacità di soffrire e resistere alle avversità per raggiungere l’obiettivo promozione, grazie al guizzo lucido di chi era più in grado di dare in campo e usare la “testa” tra loro, come appunto indica il gesto e dito alla testa dell’eroe Verre (subito dopo il suo gol “imprevedibile”).
E guardando più da vicino i numeri e le statistiche ci si accorge meglio del “miracolo” avvenuto nella gara finale a Trapani, dove gli avversari hanno prevalso in quasi tutti i fondamentali: 53% di possesso palla contro 47% del Pescara, 521 palloni giocati dal Trapani contro 485 dei biancazzurri e 47,9 in media di azioni di attacco contro il 46,3 del Pescara, che comunque ha tirato di più in porta (7 a 3).
Inoltre, tra i biancazzurri che hanno fatto la differenza e hanno “tenuto a galla” il Delfino in mezzo alle “onde alte e tumultuose” della finale a Trapani troviamo l’autorevole Campagnaro (25 palloni recuperati), Fornasier (24 palloni recuperati), entrambi “sbrogliamatasse” in campo, e Verre con il suo gol geniale (e quasi impossibile) ma non solo: ha primeggiato, nel suo ruolo di centrocampista, per quanto riguarda i palloni recuperati (18) e soprattutto nei passaggi riusciti in campo (42 e primato nelle statistiche del match).
Insomma, un Pescara che non ha perso più dalla 34° giornata (contro il Como, il 2 aprile) e nelle ultime 13 gare (play-off compresi), vincendone 10 e pareggiandone 3, grazie all’equilibrio tattico ri-trovato da Oddo con Mandragora (e Vitturini) in difesa, in attesa del successivo rientro positivo di Campagnaro e Crescenzi al loro posto.
Il fattore “C”, mi riferisco a “Campagnaro” (e sua notevole esperienza) ma anche al “Caso” (ovvero alla fortuna), ci ha dato una mano nel finale.
Inoltre, è importante ribadire come la “crescita” della squadra (osservando i risultati) non è stata proprio costante o lineare (come più volte dichiarato e sostenuto), ma in crescendo (ovvero “a gradini”, “a scatti” “o intervalli”).
Da sottolineare, infine, l’EMPATIA di Oddo nei confronti di Cosmi (con l’abbraccio e le carezze in panchina che hanno colpito tutti), proprio perché aveva vissuto in prima persona lo scorso anno lo stesso “pathos” o sofferenza. E così i “neuroni specchio” di Oddo (quelli attivati in lui quando perse la finale) sono ri-entrati in funzione osservando la “simil” sofferenza di Cosmi, consolandolo.
Ma non è solo l’empatia la risorsa o caratteristica personale di Oddo che ne fa un allenatore vincente, a parità delle altre condizioni (ovvero l’eccellenza fisica, tecnica e tattica dei giocatori e della squadra).
Mi riferisco ad altri “ingredienti” (già esaminati più dettagliatamente in precedenti articoli): in particolare la FIDUCIA (cieca) di Oddo nella squadra e nei giocatori (che produce l’effetto “pigmalione”, ovvero la possibilità di tirare fuori il meglio dagli altri, valorizzandoli al “massimo”), l’ALTRUISMO nei confronti dei singoli giocatori, dello staff (Repetto compreso, che Oddo ha ringraziato), del pubblico aprendosi sinceramente e chiaramente (nel corso delle interviste, ecc.), assieme al suo essere PERFEZIONISTA (cura dei dettagli, fornendo indicazioni chiare e precise, concrete ai giocatori) e MERITOCRATICO (e quindi giusto agli occhi dei suoi giocatori e dell’ambiente).
Ma soprattutto Oddo si è dimostrato capace di “FARE SQUADRA”, creando a suo modo il cosiddetto “NOI” (“uno per tutti e tutti per uno”), non solo con la squadra e la società ma anche ed in particolare con l’ambiente esterno e il pubblico: il Mister ha sempre ribadito ed elogiato i suoi giocatori, il suo staff, la società e il pubblico, anche durante la festa finale, in tal modo alleandosi e non contrapponendosi mai a tutti e a tutto l’ambiente che lo ha circondato.
Da rilevare anche il ruolo fondamentale e la fiducia “cieca” della Società e del Presidente nei confronti del Mister, soprattutto nei momenti di crisi: lo stesso Sebastiani ci ha raccontato che Oddo dopo la sconfitta di Terni voleva dimettersi con la Società che ha rinnovato la sua fiducia all’allenatore, fungendo a sua volta da “Base Sicura” (come fa un “Padre Protettivo, fiducioso, con suo figlio”).
Ora che siamo “Arrivati in serie A e abbiamo detto Addio alla serie B”, smaltita “l’ubriacatura” della festa e avendo definitivamente “scacciato i fantasmi” del passato (come la finale dello scorso anno persa male e la brutta vicenda Salomon), sarà importante conservare e continuare a praticare tutti gli “ingredienti vincenti”, cercando di cambiare i giocatori e la squadra il meno possibile, rinforzandola allo stesso tempo.
Per migliorarsi la società “Pescara Calcio 1936” ha dalla sua anche l’esperienza dell’ultima promozione e retrocessione, con la possibilità di imparare dagli errori passati per puntare all’eccellenza e a rimanere in Serie A.
Perché come recita un detto “non è tanto difficile raggiungere il successo, ma è più difficile mantenerlo”. Forza Pescara in serie A!
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