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Morte Morosini: «C’erano tre defibrillatori in campo, ma nessuno pensò di usarli»

10.02.2016 21:46

A quasi 4 anni dalla morte di Piermario Morosini, emergono nuovi particolari da testimonianze. Il calciatore del Livorno morì sul campo del Pescara il 14 aprile 2012 per una miocardite, ma "l’uso immediato delle apparecchiature avrebbe potuto salvarlo". E' quanto emerge dal Corriere Della Sera, nella versione online, che in un articolo a firma di Marco Gasperetti ha riportato le ultime novità. Ecco quanto scritto: "C’erano tre defibrillatori sul campo da gioco dello stadio di Pescara mentre Piermario Morosini, 26 anni, stava morendo per un arresto cardiaco, ma nessuno li utilizzò. È la testimonianza resa lunedì davanti al giudice monocratico del tribunale di Pescara da Lelia Di Giulio, dirigente della Digos e vicequestore, che il 14 aprile del 2012, giorno della morte del calciatore del Livorno, era in servizio allo stadio Adriatico.

Di Giulio ha ricordato che Morosini si accasciò a terra dopo mezz’ora dall’inizio della partita tra Pescara e Livorno e dopo 20 secondi entrò in campo il medico della squadra toscana, poi quello della formazione abruzzese e «subito dopo arrivò anche un operatore della Croce Rossa, con la barella, che però poco dopo tornò verso la sua postazione per prendere una valigetta gialla contenente il defibrillatore».

Ma quel dispositivo non fu usato così come gli altri due presenti in campo gestiti da Croce Rossa e Misericordia e un terzo che si trovava a bordo di un’ambulanza. A giudizio per la morte del calciatore sono state rinviate tre persone: i medici del Pescara, Ernesto Sabatini, del Livorno, Manlio Porcellini e del 118 di Pescara, Vito Molfese. Sono accusati di omicidio colposo".

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