IL CORAGGIO DI OSARE
PIU’ FORTI DI QUANTO SI PENSI
Torna la rubrica "Calciologicamente", realizzata per PS24 dal dott. Pietro Literio, Psicologo/Psicoterapeuta e Docente Universitario a Contratto che analizza le vicende del Delfino da un punto di vista del tutto peculiare.
BUONA LETTURA !
Ci siamo. Cresce l’attesa per gli esami di maturità contro Lecce, Palermo e Ascoli nel giro di una settimana.
E crescono anche le aspettative dell’ambiente assieme alle “pressioni” sulla squadra e alla ricerca di sicurezze, con il “super uomo” (o il “campione”) che faccia la differenza in campo: da Campagnaro (leader motivazionale) a Brugman (leader tecnico).
Tuttavia, in uno sport di squadra, soprattutto nei momenti delicati, è “l’unione che fa la forza”, dato che la “totalità è più della somma delle sue singole parti.”
Ma come ricorda spesso il mister è l’atteggiamento con cui si scende (e si sta) in campo che fa e farà la differenza: ovvero quella aggressività, quella intensità e concentrazione nel gioco che denotano la cosiddetta “mentalità vincente”, sintetizzata dal pensiero “oggi non ce n’è per nessuno.”
C’è da dire che la “fame”, l’aggressività in campo, di cui il Cittadella è un esempio (come confermano i record di falli fatti e cartellini gialli subiti), o sono il frutto di un lavoro di preparazione mentale (al pari della preparazione fisica, tecnica e tattica) o vengono curate dal lavoro dell’allenatore, più o meno esperto della “testa”.
I limiti (superabili) del Delfino nell’atteggiamento mentale sono tuttavia evidenti: discontinuità nel gioco e nei risultati (vedi i ripetuti passi falsi dopo le vittorie esterne contro Spezia, Salerno e Crotone), sofferenza del pressing avversario (contro Cittadella), difficoltà di gioco in superiorità numerica (vedi gara contro il Lecce all’andata e recentemente contro lo Spezia in casa) e fatica ad osare, a inventare in campo e a saltare l’uomo.
Inoltre, tra le prime 5 in classifica, il Pescara è la squadra che segna meno (40 gol) e subisce più gol (36), con il solo Lecce che ne ha subiti 37 (realizzandone però 51). Il Pescara, poi, rispetto alle prime quattro è la squadra che ha perso più partite (7).
Una maggiore discontinuità del Pescara rispetto alle concorrenti confermata dai numeri, che probabilmente smorza l’entusiasmo, alimentando allo stesso tempo lo scetticismo e anche la scarsa affluenza di pubblico allo stadio.
Faticano, insomma, i biancazzurri a trovare quella aggressività, quella convinzione mentale che dia piena espressione alle proprie potenzialità tecniche, come nelle prime otto gare dove non hanno mai perso. Forse cambiando assetto tattico o qualche giocatore il Delfino risorgerà? Può la tattica fare miracoli a questo punto o no? Si tratta del solito dilemma “dell’uovo e della gallina”: chi è nato prima? Ci si dimentica però che la tattica, la tecnica, la condizione fisica e quella mentale sono strettamente collegati tra loro, con la “testa” che la fa da padrona. A ricordarcelo è un allenatore navigato come Ranieri che dopo la sconfitta della Roma contro la Spal ha dichiarato: “quando l’avversario è più determinato e motivato le differenze tecniche si annullano.”
Fino ad un certo punto contano, quindi, le assenze o i rientri (di Brugman in primis), se poi l’atteggiamento in campo è remissivo o poco convinto.
Ora più che mai il Pescara ha bisogno di ritrovare le sue sicurezze, e con esse il coraggio di osare, e non di riposare, a partire dall’allenatore, così da riaccendere l’entusiasmo. Al campo e alle prossime tre partite l’ardua sentenza!
Pietro Literio
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