
Il rilancio tra dubbi, certezze e gerarchie abbastanza chiare
Il post Gubbio
La speranza è che questa volta non sia una falsa ripartenza. Tante, troppe volte, infatti, in questa stagione vissuta per metà in costante altalena il Pescara aveva dato segnali di ripresa che poi si sono rivelati essere effimeri come la durata di un fiammifero. L'ultima volta è sin troppo recente ed aveva chiuso tre mesi da brividi con 5 risultati utili consecutivi che sembravano aver rilanciato la truppa biancazzurra. Ed invece sono stati solo l'anticamera alle tre sconfitte consecutive e al solo punto in quattro partite che avevano accompagnato, insieme al malumore crescente della piazza non più solo nei confronti del presidente Daniele Sebastiani ma anche di squadra e staff tecnico, alla sfida contro il Gubbio, da non fallire. E contro i Lupi d'Umbria, che si sono rivelati essere in realtà più agnelli da sacrificare nel periodo pasquale che non degna espressione del proprio nomignolo, il Delfino ha dato due calci alla crisi e si è ripreso il quarto posto, mantenendo il mirino puntato sul terzo che resta comunque difficile da conquistare. Il 2-0, maturato in quell'Adriatico dove nelle ultime 10 uscite la truppa aveva vinto in una sola circostanza, poteva essere ben più ampio nelle proporzioni, dati i tre legni colpiti, ma rappresenta comunque il modo migliore per accostarsi agli ultimi 180 minuti di regular season. Nella convincente vittoria resta da stabilire dove finiscano i meriti del Pescara e dove inizino i demeriti del Gubbio, che si è presentato sin troppo intimorito al cospetto di una squadra di casa con tanti problemi e che si è rivelato friabile come un grissino in difesa, nonostante l'impostazione e la scelta degli interpreti volute da mister Fontana, e del tutto inconsistente in avanti, almeno fino ai minimi segnali di vita del finale. Ma in fondo queste analisi contano poco, perchè per la banda Baldini era importante solo vincere. I 90 minuti più recupero dell'Adriatico hanno però confermato definitivamente cose comunque già note. Ad esempio che questa squadra per pensare di poter portare a casa il bottino pieno non può prescindere da alcuni elementi e da un loro stato di forma più che sufficiente. Non può infatti essere un caso che il ritorno al successo sia coinciso con il rientro di Pellacani e con una buonissima prestazione di Dagasso. Senza il centrale di difesa e con il canterano di centrocampo in flessione erano arrivate 3 sconfitte in 3 partite, contro il Gubbio le loro prove hanno certificato il loro status di imprescindibili. Pellacani è stato fondamentale per aggressione alta e senso dell'anticipo al fine di tenere corta la squadra, ma anche come contraerei su palla inattiva difensiva e come torre o terminale per gli sviluppi dai calci da fermo offensivi, Dagasso, invece, oltre a vestire i panni dell'assistman è stato determinante come equilibratore del gioco, come “bilancia” della catena di sinistra, da dove il Pescara ha prevalentemente sviluppato la sua manovra, e come punto di riferimento nella gestione. Si è poi avuta, aspettando ancora il miglior Merola, la consapevolezza che il tridente che fornisce migliori garanzie ha Ferraris nei 3 interpreti, ormai insostituibile, e che Arena sia la sua prima alternativa in mezzo. Tonin ed Alberti, cioè gli attaccanti arrivati sul fallimentare mercato, tanto in estate quanto a gennaio, sono ormai relegati al ruolo di alternative dell'alternativa. Ferraris ha numeri strabilianti e, come il 16enne proveniente dall'Australia, con l'attacco della profondità e i movimenti su tutto il fronte offensivo libera spazi e consente alla squadra di giocare meglio.
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