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GIALLO BIANCAZZURRO

02.12.2014 21:57
Chiamate Poirot, quello di Agatha Christie. O Nick Carter, anche se non siamo a New York. Oppure chiamate Harry Hole, lo strepitoso poliziotto dei romanzi di Jo Nesbo. Anzi, facciamo una cosa: convochiamoli tutti e tre insieme perchè il caso è serio, è difficile e c'è bisogno dei migliori.
C'è una vittima, il Pescara. Non è ancora morto ma le ferite sono gravi, ogni tanto da segni di reazione alle cure (l'iniezione di Coppa Italia), comunque fa parecchio preoccupare. E sarebbe importante trovare il colpevole, quello che lo ha ridotto così.
I SOSPETTI
Sono tre. Uno è il presidente, Daniele Sebastiani. Le accuse contro di lui sono pesanti: dopo aver sbancato con il colpo Zeman (tutto suo, in complicità con De Cecco, non si saprà mai...), ha presunto di poter replicare quell'azzardo ma ha finito solo per fare buchi nell'acqua: Stroppa, Bergodi, minimamente Bucchi, Marino, Cosmi e ora anche Baroni. Presunzione, appunto, ma anche inesperienza e cattivi consigli.
Uguale anche con i giocatori: due anni fa la squadra era abbondandemente in linea di galleggiamento in A e, francamente, era difficile pensare che poi si potesse ridurre a fare solo due punti nel girone di ritorno. Un anno fa stava pompando la sua rimonta, una vittoria dopo l'altra fino a quella sconfitta con l'Empoli che tutto fece cambiare. 
Altra estate, altra rivoluzione (eccolo, un altro capo di imputazione: un po' di continuità no?) ma chi avrebbe pensato che lo stesso Baroni di Lanciano e la discreta (sulla carta) squadra messagli a disposizione facessero questa fatica boia?
Insomma, il pres ha fatto i suoi errori ma nei due campionati prima di questo, almeno fino a metà stagione, aveva dimostrato di aver indovinato le mosse e quest'anno, davvero, ve la sentite di dire che questa squadra sia più scarsa del Carpi, del Frosinone o dell'Avellino?
E allora i sospetti si spostano inebitabilmente sull'allenatore: Marco Baroni è il secondo della lista. Tre mesi di campionato e ancora non c'è squadra e non c'è anima. Sprazzi, mezze buone partite, cento soluzioni e nessuna per davvero che abbia convinto. Pur con tutte le attenuanti, infortuni e arbitraggi.
Eppure, Baroni a Lanciano aveva fatto un gran lavoro (e passi che Vastola pensi il contrario), portando una squadra mica eccezionale al primo posto e lasciandocela per sette, indimenticabili settimane e poi, alla fine, a sfiorare i play off con Amenta, un difensore, suo miglior marcatore con sei gol. Meglio ripeterlo: sei.
Lì funzionavano i calci piazzati, li funzionava la difesa, a Lanciano funzionava tutto. A Pescara quasi niente. Eppure Baroni lavora, lavora, lavora e il rapporto con la squadra è buono. Poirot, Carter, Hole prendete nota, caso complicato, eh?
Ecco, resta la squadra. Magari è colpa sua, magari non è così buona come avevamo sperato, magari non è capace di sputare quel sangue come gli ha chiesto di fare la curva poi però la vedi giocare o con il Frosinone, quel giorno all'Adriatico da capolista, o con il Sassuolo che in serie A ha più punti dell'Inter e tutte le tue brutte sensazioni sembrano non valere più niente. Perchè Il Pescara pensato da Sebastiani, allenato da Baroni e "interpretato" da Salamon e Zuparic, da Selasi e Memushaj, da Melchiorri e Maniero gioca, corre e sputa sangue fino al 95'.
Uhm, qui si rischia di essere punto e a capo: qui c'è una vittima, qui ci sono ferite evidenti ma colpe e alibi si mischiano talmente tanto da confondere le idee. Un vero e proprio giallo. E poi magari si scopre che il colpevole è il maggiordomo, un grande classico. Il problema è che bisogna aspettare l'ultima pagina.
DANIELE BARONE, Sky Sport

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