Certezze e consapevolezze, figlie del primo (immeritato) ko
Continuando così, si andrà non lontano ma lontanissimo...
La prima sconfitta in campionato porta con sé la certezza che questo Pescara resterà in alto sino alla fine. E che lotterà per la promozione diretta, con lo scomodo ruolo di squadra da battere. Sembra un paradosso, ma in fondo non lo è analizzando la partita di Pesaro e quello che è emerso dalla prima gara delle 12 disputate nelle quali la banda Baldini è uscita dal rettangolo verde a mani vuote. In dieci uomini dal 24' del primo tempo per l'espulsione per somma di ammonizioni di Squizzato (primo giallo generoso e fiscale, ma di questo parleremo dopo), il Pescara ha letteralmente dominato la partita, con un atteggiamento ed una interpretazione da vera big. In inferiorità numerica per oltre 70 minuti, recupero compreso, la squadra biancazzurra non ha accusato alcuno sbandamento e non si è disunita, ma ha dimostrato il perchè è in testa da sola alla graduatoria nonostante abbia ancora una gara da recuperare. Squadra corta e con baricentro alto, distanze tra i reparti perfette, aggressività costante sui portatori di palla rossiniani e riconquista della sfera in una zona alta del campo che consentiva di coprire meno spazio per puntare a rete: l'organizzazione e la mentalità date da Silvio Baldini ai suoi uomini hanno trovato completa espressione contro i ragazzi di Roberto Stellone. Sarebbe andato stretto un pari al Delfino, figuriamoci un ko: l'uomo in meno non si è praticamente mai sentito in campo. La Vis ha sfruttato l'unica sbavatura concessa nella ripresa nella sola idea che ha cavalcato per tutta la gara: la palla in profondità per Okoro, che con il suo strapotere fisico al 61' ha trasformato la spizzata di Nicastro in gol, a differenza del primo tempo quando, su circostanza simile, con un prepotente scatto e una grande progressione non aveva prodotto lo stesso risultato. Il Pescara, invece, più volte ha creato i presupposti del gol, che non è arrivato solo per sfortuna colossale (vedi respinta con il volto di Vukovic su tiro di Merola ad un passo dalla porta) o per prodezze dell'estremo di casa. Il vero neo biancazzurro è proprio la scarsa capacità di concretizzare la mole di occasione prodotte: nelle ultime 3 partite sono arrivate 5 reti, ma tre da calcio di rigore, una è arrivata al 96' ed un'altra è stato un autogol. Appare evidente quale sia oggi la lacuna del Pescara, che però a Pesaro ha da recriminare anche sulla direzione di gara di Domenico Castellone della sezione di Napoli, finito sul banco degli imputati per una gestione dei fischi e dei cartellini che non è affatto piaciuta. Il fischietto partenopeo nel post partita è stato vittima di pesanti strali da parte del direttore sportivo pescarese Pasquale Foggia, che l'arbitro aveva anche allontanato per proteste nel finale del primo tempo, ed è finito nel mirino dei tifosi che sui social si sono letteralmente scatenati imputando a lui la sconfitta. All'interno di una direzione complessiva certamente insufficiente, c'è stata anche la mancata concessione di due penalty in favore del Pescara, uno in particolare sembrato solare (Brosco trattenuto per la gola da Coppola e poi scaraventato in mischia a terra). In un campionato come quello 2024-25 ed in partite assai complicate come era quella del Benelli, sviste di un determinato tipo possono fare la differenza tra vittoria e sconfitta. Al Delfino restano le recriminazioni, ma anche un'altra certezza oltre a quella del campo: il ritrovato amore totale dei suoi tifosi, che anche ieri alla ripresa immediata degli allenamenti hanno fatto sentire la loro vicinanza alla squadra nel giorno dopo il primo ko.
Commenti