La crisi del Pescara
Delfino, dove sei finito? Dai sogni di gloria alla cruda realtà, un mese e mezzo dopo il risveglio del Pescara è amaro. La squadra che incantava e vinceva si è smarrita. Il bel Pescara capace di vincere 7 partite consecutive non c'è più e da Dottor Jekyll si è trasformato in mister Hyde, cogliendo appena 3 punti nelle successive 7 gare disputate dopo il filotto d'oro. Dall'aspirazione di strappare al Crotone la seconda piazza - o di staccare la quarta di 10 punti per andare a braccetto con il tandem di testa in Serie A - al sesto posto: storia dell'involuzione, per certi versi inspiegabile, di un team che deve ritrovarsi. E che non sa più vincere. La retta via forse è stata smarrita a Cagliari, quando dopo una prestazione maiuscola si è usciti dal Sant'Elia a mani vuote. La sconfitta onorevolissima al cospetto della corazzata della B, costruita per vincere e dominare il torneo, ha minato le certezze acquisite invece di fortificarle. "Colpi di tosse", si diceva, "il Pescara non è malato ma semplicemente raffreddato". Oppure: "I periodi di flessione capitano a tutti prima o poi, con il lavoro ne usciremo presto". Sette partite, tuttavia, rappresentano un dato attendibile sul quale fondare una tesi indiscutibile: il Pescara è in caduta libera. La partita con Novara, nel giorno in cui scende il buio pesto sul Pescara e Marco Baroni consuma la sua rivincita, è la fotografia del momento di difficoltà, che ora è a tutti evidente. Trattasi di un problema psicologico più che tattico. Ed in quanto tale, forse anche più difficile da affrontare. Daniele Barone, prima voce di Sky Sport per la Serie B, sottolinea "l'ormai cronica e patologica fragilità della squadra di Oddo" nell'analisi di un campionato che dal terzo all'ottavo posto è in altalena da qualche settimana. Il peso delle pressioni "benevole", rappresentate dalle aspettative di una piazza che ha accolto da trionfatori i biancazzurri al rientro da Cagliari e li ha accompagnati in corteo allo stadio prima del match con l'Ascoli, paradossalmente invece che galvanizzare la truppa hanno finito per schiacciarla. Alle tante, troppe amnesie difensive e alle insicurezze di una squadra giovane, si sono poi uniti altri fattori: un pizzico di sfortuna, che contrariamente al noto aforisma nuoce agli audaci, e qualche svista arbitrale, non clamorosa ma sicuramente penalizzante. Senza contare il peso delle assenze di uomini importanti, la vera costante del periodo nero, insieme a qualche scelta non felice di mister Oddo (di formazione, di cambi, di gestione). Il mercato non ha fornito i correttivi sperati, è vero, soprattutto in difesa dove serviva un uomo pronto ed affidabile, ma questo Pescara è troppo brutto per essere vero. Forse il giocattolo si può aggiustare. Perchè? Perchè il Pescara ha provato a giocare a calcio con coraggio e generosità in ogni partita, anche in quelle più brutte. E, nonostante i cerotti ed i pugni presi, non è mai stato un pugile alle corde in balia dell'avversario. Ha sempre attaccato costantemente, anche se con poca lucidità e poche idee, anche quando forse era meglio coprirsi il volto e tirare il fiato, accontentandosi. Una squadra che per mesi ha offerto il miglior calcio della B non può essersi di colpo trasformata irreversibilmente da splendido cigno a brutto anatroccolo. Il momento è duro, durissimo. Ma può (e deve essere) superato. Il sogno è ancora là, a portata di mano. Perchè, come sosteneva Gaston Bachelard, "Noi soffriamo per i sogni. Noi guariamo con i sogni"...
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