FULL METAL ZEMAN - "Il calcio lo ha inventato il diavolo"
Una delle rubriche griffate PS24 & GZ
A mente fredda. Dopo l'eliminazione dai playoff per mano del Foggia, ancora dolorosa dopo una settimana, riecco l'appuntamento con Full Metal Zeman, la rubrica griffata PS24 in collaborazione con il Gruppo Zeman. La firma è di Gioacchino, come sempre, uno degli editorialisti di punta del GZ, che da anni ci onora del suo punto di vista assai peculiare. Buona lettura!
Il calcio lo ha inventato il diavolo
Le vittorie e le sconfitte non sono tutte uguali. Sebbene nella sostanza siano sempre tre i punti in un caso conquistati e nell’altro persi, il cinismo inappuntabile che definisce questa regola non può permettersi di evitare le tante altre dinamiche e i numerosi altri elementi che entrano in gioco nel segnare la narrativa e la natura del percorso delle singole squadre.
Lo sviluppo degli eventi a cui abbiamo assistito dal ritorno di Zeman a Pescara ha in qualche modo spesso evidenziato una sorta di filo conduttore che si è ritrovato a legare gli episodi di questa rubrica, aprendo e riproponendo di volta in volta più di un tema affrontato o anche semplicemente accennato. Uno dei più gettonati è sicuramente quello legato alla gestione degli imprevisti e alla capacità dei biancazzurri di reagire ai momenti in virtù della consapevolezza della propria forza. Le parole a questo proposito del boemo a fine partita, certamente ricolme di amarezza e indirizzate da una profonda delusione, ci sono sembrate però un po’ ingenerose nei confronti del gruppo, in merito alla presunta mancanza di mentalità vincente. Una squadra che solo all’interno dell’universo playoff va in svantaggio per ben quattro volte su sei senza poi mai perdere sul campo e vincendo in tre occasioni dà in realtà la sensazione di sapere quello che fa e soprattutto dove può e vuole arrivare. Le verità probabilmente dure da accettare sono due. La prima è che quando i giocatori accusano un calo di condizione e una fisiologica stanchezza fisica per via delle tante partite a ritmi sostenuti e congestionate in pochi giorni, la mentalità vincente si traduce nell’intelligenza di comprendere che il tipo di calcio che conosciamo e che amiamo non può essere sostenuto nei momenti e nei frangenti in cui per vari motivi possono venire a mancare le energie sufficienti per sostenerlo. Accantonarlo in maniera chirurgica e lucida non presuppone una rinuncia identitaria ma significa semplicemente dare voce al buon senso per portare la barca in porto. Anche perché quando rimani pietrificato da un gol a tempo scaduto e trovi la forza e la casualità di ribaltare l’inerzia e tornare in vantaggio nei tempi supplementari non è ammissibile buttare al vento di nuovo tutto.
La seconda è che gli infiniti percorsi di pensiero e tutti i ragionamenti possibili e immaginabili nati da quell’inspiegabile rientro in campo nella ripresa allo Zaccheria alla fine possono comunque lasciare incredibilmente il tempo che trovano, perché con un minimo di attenzione e di cazzimma in più nel momento topico il Pescara oggi sarebbe in finale con il Lecco in virtù comunque del vantaggio sul Foggia al minuto 95 del match di ritorno all’Adriatico. Sarebbe bastato portare il pallone vicino alla bandierina quando serviva o gestire con malizia e non con ingenuità una semplice rimessa laterale a pochi secondi dal fischio finale.
I dubbi e le domande sui motivi che hanno portato Zeman a richiamare sia Merola che Delle Monache alla fine della prima frazione della gara d’andata e sulla follia legata agli ingressi di un Desogus, ormai accantonato, e soprattutto di un invisibile e inqualificabile Vergani, in uno dei secondi tempi potenzialmente più importanti della storia recente della squadra e del boemo stesso rimarranno intrisi di timide risposte e oscilleranno per sempre tra incertezza e incredulità. La psicologia del demiurgo di Praga è unica nel suo genere e non lo scopriamo oggi, e di certo anche in questo caso se la combinazione tra quell’esterno alla Totti di Rafia e quel gol alla Cassano proprio di Desogus non si fosse rivelata ininfluente ai fini non puramente cinematografici della partita, ora saremmo qui con lo stesso entusiasmo mai perso ad attendere il primo atto valido per la promozione in Serie B, celebrando i pregi e i valori già messi in luce dai ragazzi in questo percorso.
Rimane difficile se non impossibile credere al cammino del Foggia, così come risulta altrettanto impossibile immaginare uno scenario in cui i rossoneri non usciranno vincitori dallo scontro con il Lecco, dopo aver abbattuto l’Audace Cerignola al 94’ e al 97, aver rimontato due gol al Crotone e aver attentato al cuore di Zeman al 97’ prima e al 115’ poi. Nell’economia di un viaggio che sembrava aver già anticipato a tutti la destinazione, le modalità calcistiche e il peso extracalcistico di questa incredibile beffa restituiscono un senso di grande amarezza e di profonda ingiustizia, per la storia del boemo e per le pagine recenti purtroppo scritte da uomini difficili da definire tali che si trovano ora di fronte ad un’occasione più unica che rara e che non avrebbero mai né immaginato né soprattutto meritato. Vanno fatti i complimenti a Delio Rossi per essersi giocato il doppio confronto mettendo al centro di tutto il calcio e il pallone e non le provocazioni imbarazzanti e da capopopolo degli uomini, anzi, dell’uomo di cui sopra. Servirà ancora molto tempo per riuscire forse a digerire e a metabolizzare questa sconfitta, molti magari vogliono ancora credere si sia trattato di un incubo, e certamente la prospettiva di dover riazzerare tutto e di dover ripartire senza diversi elementi importanti rincara la dose e non aiuta per niente. Quest’estate sarà insomma dura non credere che alla luce di quanto accaduto il calcio lo abbia veramente inventato il diavolo. Gioacchino Piedimonte
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