Toccato il fondo
Il post Cosenza
A CURA DI MATTEO SBORGIA - Il ko di Cosenza certifica la retrocessione del Pescara in Lega Pro. Un verdetto annunciato ormai da tempo, figlio di tanti errori che abbiamo elencato, sviscerato e ripetuto tante volte in questi mesi. Il nostro lavoro, del resto, ci impone questo: raccontare i fatti, fare cronaca. Dire la verità. Sempre. E anche stavolta lo faremo. I biancazzurri hanno salutato con pieno merito la cadetteria. Una squadra, quella dannunziana, piatta, fragile, inerte. E il rammarico è doppio: il club di Sebastiani è retrocesso sul campo (seconda volta consecutiva in due stagioni) in un campionato livellato verso il basso e dunque modesto e equilibrato. E’ mancata la continuità di risultati, ma non solo.
Nel calcio, come nella vita, si può perdere, ci si può arrendere ma non prima di aver battagliato. Concetti facili e scontanti ma sempre attuali. La società, e non lo diciamo da oggi, non ha imparato dai passi falsi del recente passato. Chi sbaglia, paga. Il tempo è l’inesorabile giudice.
Le scelte errate compiute in sede di campagna acquisti sia estiva che invernale, sono state un vero e proprio macigno. La rosa è stata costruita male e rinforzata peggio. Non è stato fatto il repulisti generale tanto invocato, considerando lo zoccolo duro di una squadra retrocessa sul campo, base idonea per ripartire. Oddo, Breda e Grassadonia hanno commesso degli errori certo, ma mai quanto lo stato maggiore. Chi è deputato a prendere decisioni si deve assumere la responsabilità di farlo nel bene e nel male. Ciò accade in tutti gli ambiti della vita comune e il calcio non può esserne esente. Nessuno è immune dal commettere errori, a fare la differenza è chi riesce a far tesoro degli stessi, cercando concretamente di non reiterarli. L’occasione propizia è arrivata.
Oggi Pescara e il Pescara sono caduti nel baratro sportivamente parlando. Il fondo è stato toccato. Ora chi di dovere (presidenza) chieda scusa per quello che non è andato senza appellarsi agli alibi. Rifletta e poi illustri chiaramente i suoi programmi. Si resetti tutto ripartendo da zero. Si può, anzi si deve, ma occorre quanto mai farlo con chiarezza, coscienza e umiltà. La Pescara calcistica non aspetta altro che risorgere
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