Difetti e pregi vecchi e noti
Verso Ancona
Il Pescara voleva staccare il pass per la semifinale di Coppa Italia e dedicare la vittoria al suo condottiero Zdenek Zeman, ma la missione è fallita ed ora la truppa si rituffa in campionato con l'obiettivo di consolidare il terzo posto e provare a staccare il Perugia. La trasferta di Ancona ed il match interno con la Fermana sono gli ultimi ostacoli del 2023 agonistico e si vuole compiere il giro di boa al meglio possibile. Fare 6 punti sui 6 disponibili è l'obiettivo, dopo che la possibilità di accedere direttamente alla fase nazionale dei playoff per la B a prescindere dalla posizione finale in classifica della regular season è stato sciupato.
A Catania i padroni di casa si sono imposti per 2-0 con reti di Castellini e Zammarini e hanno chiuso la striscia positiva del Delfino che durava da 4 partite sommando enytambe le competizioni.
In Sicilia si sono visti pregi e difetti vecchi e noti. Ad esempio la predisposizione del Delfino ad attaccare e a prendere in mano le redini della partita ma anche la non capacità di sbloccare e chiudere il match, sfruttando l'ampio possesso palla e il quasi dominio della prima frazione, ma anche il mancato sfruttamento delle palle inattive a favore e il dazio pagato a quelle a sfavore. E' stato un PEscara double face, insomma, al Massimino, dove si sono visti sia i pregi sia i difetti della squadra.
Per la sua prima gara da capo allenatore pro tempore dei biancazzurri, mister Giovanni Bucaro si era affidato allo stesso undici mandato in campo sabato in campionato contro l'Olbia, con la sola variazione di Di Pasquale al posto di Mesik. Il copione tattico voluto dal tecnico pescarese è stato chiaro sin dal calcio di inizio: attacco immediato della profondità grazie a rapide verticalizzazioni e Cuppone, dopo nemmeno due giri di orologio, lo ha fatto capire a tutto lo stadio Massimino. La provvidenziale uscita di Bethers ha evitato guai più grandi del semplice calcio d'angolo concesso, poi risultato infruttuoso. Sulle note di questo spartito si è consumato quasi tutto il primo tempo, con la squadra di casa assai timida nella sua proposizione di gioco ma abbastanza ordinata nel fare densità a centrocampo e a provare a chiudere le corsie laterali, dove le catene pescaresi con il trascorrere dei minuti hanno alzato i giri del motore. Senza un centravanti di ruolo, gli etnei non avevano un riferimento centrale sul quale appoggiarsi in uscita per alzare il proprio baricentro ed i tre uomini offensivi dietro l'unica punta Bocic, ex di turno, confidavano troppo sull'estro di Chiricò, all'inizio ben ingabbiato dai biancazzurri, per impensierire Plizzari. E mentre il Pescara sull'asse Merola-Cuppone ha sfiorato il vantaggio al 17' (ancora decisivo Bethers), il Catania ha poi individuato sul proprio lato destro d'attacco quello più vulnerabile del Delfino e lì ha provato ad imbastire qualcosa di interessante. La costante della prima frazione di gioco è stata però la pressione alta portata da Dagasso e soci, che ha sempre portato frutti, come al 24' quando Accornero con un bolide dal limite ha timbrato la traversa etnea. Nel finale la squadra di Lucarelli è cresciuta, ma ogni tentativo si è infranto su uno statuario Pellacani o, in ultima battuta, su un Plizzari sempre attento. Avrebbe meritato di chiudere il primo tempo in vantaggio il Delfino, ma come spesso accade alla mole di gioco prodotta e al maggior possesso palla non sono seguiti gol.
Bucaro ha poi ripresentato il suo Delfino nella ripresa con Pierno per Milani, preferendo l'ex Lecce, che solitamente gioca a destra, al mancino di ruolo Moruzzi. Scelta particolare. Va bene in Coppa si fanno esperimenti, ma essendo diventata un obiettivo, più che una semplice opportunità (e di certo non più un ingombro), si poteva semplicemente fare un cambio ruolo-ruolo. Il miglior approccio rossoblù ha portato al palo centrato di diagonale dall'ex Chiarella al 55', con Plizzari ad abbassare poi la saracinesca sul tentativo di ribattuta di Chiricò, e più in generale ad un maggiore pericolosità dei padroni di casa. Squizzato per Aloi e Tommasini per Cuppone sono state le successive mosse di Bucaro per ridare vita, con un nuovo asse play-centravanti, ad un Pescara meno propositivo rispetto ai primi 45 minuti e punito al 66' ancora una volta dagli sviluppi di una palla inattiva, storicotallone d'Achille. Cambiano gli allenatori sulla panchina biancazzurra e cambiano ovviamente gli avversari, ma il Pescara incassa spessissimo rete da corner o da sviluppi di calcio di punizione. E, di contro, non sfrutta mai (specie con Zeman, cosa che avveniva anche nella Zemanlandia 2011-12), i calci d'angolo a favore. Nello specifico: da un corner di Chiricò, la contraerea biancazzurra non funziona e Castellini, tutto solo sul secondo palo dopo una doppia torre dei corazzieri catanesi, non ha avuto problemi a portare in vantaggio i suoi. Con Cangiano per Merola e De Marco per Tunjov nel finale, il Delfino ha provato a riversarsi con veemenza in avanti alla ricerca del pari che avrebbe portato il match ai supplementari ma senza avere la giusta fluidità di manovra e la lucidità della ragione nell'assalto, chiudendo oltretutto in 10 per l'infortunio a Pellacani dopo aver esaurito le sostituzioni a disposizione. E allo scadere Zammarini ha rifinito il successo castigando oltremisura la truppa, che ora si rituffa in campionato con l'obiettivo terzo posto. Con vista alla lunga sul secondo, ma per il primo ormai i giochi per il Delfino sembrano fatti anche se manca più di un girone al post season…
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