Viaggio dentro la crisi
I veli che coprivano la crisi sono caduti lasciando davanti agli occhi l’immagine di un Delfino impotente ed imbarazzante. Se nelle precedenti uscite c’erano margini di ottimismo dati dalle attenuanti fornite da sfortuna, sviste arbitrali ed infortuni in serie, contro il Latina anche il contenuto della prestazione non lascia adito ad appigli per giustificare i punti lasciati agli avversari. Zero carattere, nessuna reazione dopo lo svantaggio, niente di buono sul piano tecnico come invece, anche se a tratti, era stato fatto vedere in altre circostanze. Inspiegabile la metamorfosi di una squadra in grado di dominare a Palermo, pur uscendo battuta, e dopo soli sei giorni divenuta molle ed inguardabile al cospetto di una squadra modesta ma che non ha ceduto un centimetro. Otto punti dopo dieci giornate con la vittoria che manca da due mesi: di certo se il Pescara avesse raccolto quei 4 punti in più che gli errori delle giacchette nere hanno negato si guarderebbe la classifica in modo diverso, ma resterebbero insoluti i problemi che affliggono una squadra che sembra essersi completamente smarrita sotto tutti i punti di vista. L’ottimo precampionato ha fatto probabilmente illudere tutti e sopravvalutare anche il mercato condotto dal club che i più reputavano buono, anche se sicuramente perfettibile (è ipotizzabile costruire una squadra di vertice impostata sul 4-3-3 senza una mezzala sinistra di ruolo ma affidandosi alla possibile trasformazione di Ragusa o all’adattamento di altri interpreti, ad esempio?). L’organico, sul piano tecnico, probabilmente non è da rottamare e la guida non è sprovveduta (il cambio di modulo, dati gli uomini a disposizione, lo testimonia), ma non si riesce ad emergere dalle sabbie mobili che imprigionano il Delfino. I problemi ci sono – molti - e sono reali, di varia natura. Il dato dal quale deve partire chi è deputato ad analizzare e risolvere la situazione, vale a dire il tecnico e la società, che oltretutto ne sono, ognuno per il proprio ambito di competenza, gli artefici, deve essere privo da qualsiasi alibi. Il tempo delle parole è finito, servono i fatti. Non da parte della tifoseria, che ha confermato di aver raggiunto un grado di maturità importante, e nemmeno da parte della stampa che deve limitarsi a commentare ciò che accade e a fare critiche non pro o contro qualcuno ma solo valutando ciò che il campo offre. Sono i protagonisti a dover dare risposte. Il Pescara, prima ancora dello sciagurato match con il Latina, si era reso artefice della peggior partenza – eguagliata - di una squadra retrocessa dalla serie A l'anno precedente dopo 9 giornate da quando il campionato è a 22 squadre, ossia dal 2004-05 ad oggi. Come gli abruzzesi avevano fatto altrettanto male il Bari 2011/12 (che però sul campo aveva conquistato 14 punti, ma ne aveva 6 di penalità) ed il Cesena l'anno scorso. Nessuna di esse è poi risalita in serie A in quella stagione iniziata in modo così poco brillante. La sconfitta contro i pontini ha avuto la conseguenza di ritoccare in negativo la situazione. Nelle precedenti 32 esperienze nella serie cadetta, infatti, solo in 4 circostanze il Pescara aveva avuto una partenza peggiore di quella del 2013-14 dopo 10 giornate: nel 2000-01 e 2006-07 con 5 punti (5 sconfitte e 5 pari), nel 1981-82 con 6 punti (in queste tre circostanze il Delfino poi retrocesse), nel 1993-94 (a fine campionato quindicesimo posto) e nel 2004-05 (retrocesso e poi ripescato) con 7 punti. Contro i corsi e ricorsi storici e per raddrizzare una stagione che può ancora essere recuperata serve un immediato cambio di rotta. Non si può più aspettare. Bisogna rialzarsi subito e tornare a camminare su un terreno non accidentato. A Gennaio, poi, la società sarà chiamata ad intervenire sul mercato senza indugi e con le idee chiare.
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