Togni racconta: "Quelle lacrime di gioia a Pescara.."
"Gol su punizione al Catania? La gioia più grande". Dalle lacrime di Pescara alle reti per il Cuneo, la storia del brasiliano
E' ripartito dalla D, dove il sogno di Romulo Eugenio Togni è iniziato. Un passato in serie A, con la maglia del Pescara, dove ha toccato l'apice di una carriera sulla quale in pochi scommettevano. In riva all'Adriatico trovò la sua dimensione, non senza difficoltà. Prima la presenza ingombrante di Verratti, nonostante fu proprio Togni a partire titolare in quella stagione, poi le difficoltà in A. Fu messo fuori rosa, ma si fece trovare pronto quando venne chiamato in causa. Una storia di lacrime.
"Lacrime di gioia" quelle di quel magico 21 dicembre 2012, quando il centrocampista italo-brasiliano si fece il regalo di Natale più bello della sua vita: la rete su punizione al Catania, la prima in serie A. Gol vittoria al '95. Adesso Togni segna per il Cuneo. "Ma ho pensato di smettere la scorsa estate perché vorrei intraprendere la carriera da allenatore" - ha raccontato l'ex Pescara nei giorni scorsi a GianlucaDiMarzio.com
"Se nasci in Brasile o diventi calciatore o diventi musicista, uno dei due (ride). Da bambino sei influenzato da queste due 'arti', in Brasile si cresce in mezzo alla strada e il primo sport è il calcio e io sono cresciuto con idoli come Romario, Ronaldo, Dunga, Cafu: lì è nata la vocazione. E' molto più facile che in Europa. I miei genitori ci hanno subito tenuto a chiarire che o studiavo o mi scordavo il pallone e quindi dai 15 ai 18 è stato complicato. Ancora non sei nessuno e devi lavorare tanto per farti un nome. Studio, piaceri della vita, allenamenti: difficile far coincidere queste tre cose. Un periodo pieno di incognite, perché ci dai dentro ma non puoi sapere se alla fine diventerai un calciatore. All'epoca facevo parte della Primavera del Gremio e spesso venivo aggregato alla prima squadra". Poi il passaggio in Italia, con una promessa non mantenuta: "All'epoca, era il 2002, un calciatore brasiliano con passaporto italiano era una rarità. Il mio procuratore mi propose di andare a Venezia che giocava in serie B. Arrivato in Italia mi sono trovato a Belluno, da solo, a dover incominciare da zero, senza nessun tipo di supporto. Di lui non ricordo neanche il nome e sinceramente va bene così".
Mai pensato di tornare a casa e fare altro? "La saudade, le difficoltà della lingua, uno stile di vita e una realtà completamente diverse dal Brasile: pensai di smettere, sì. Poi per fortuna è arrivata l'offerta del Belluno e ci ho provato. Passo dopo passo, vincendo campionati, sono arrivato fino alla serie A". Già... Pescara e quella rete che ancora lo emoziona: "Proprio per questo motivo. Venivo da un anno esaltante con il Pescara di Zeman, avevo coronato il sogno di una vita, giocare in serie A. Però all'inizio della stagione mi misero fuori rosa e dovetti accettare. Non è facile stare da solo ad allenarti, ma soprattutto vedevo il mio sogno spezzarsi. Poi, come tutte le cose belle, è arrivata la chiamata, l'esordio in A e quella rete contro il Catania...Lacrime di gioia. Forse per molti giocare in serie A è quasi una cosa dovuta, normale. Per me era una favola, vedendo da dove sono partito, le difficoltà affrontate. L'emozione fu fortissima, il periodo più bello della mia vita, quello da raccontare ai nipotini. Ho sempre cercato di imparare dal calcio, fin da piccolo: questa è una lezione da di vita. Già da bambino mi piaceva studiare questo mondo non come tifoso, ma come appassionato, per le emozioni che riesce a trasmette. Non avevo idoli o squadre preferite, anche se mi piaceva molto Redondo: per me era il giocatore perfetto".
Futuro? "Mi piacerebbe fare l'allenatore, con l'obiettivo non solo di vincere, ma, nel mio piccolo, di migliorare il calcio. Negli ultimi tempi sta perdendo alcuni valori". Si è raccontato così il brasiliano atipico che a Pescara toccò il cielo con un dito ma che ebbe anche momenti difficilissimi (come una Mercedes incendiata)
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