Prima squadra

Tutti dietro la lavagna

Le tristi costanti di una stagione in altalena

11.02.2024 09:13

Tutti dietro la lavagna, nessuno escluso. Il Delfino uscito con le ossa rotte dallo scontro diretto con il Gubbio non ha nemmeno tempo di leccarsi le ferite che già deve tornare in campo. Ma la partita con la rediviva Spal non può essere un esame di riparazione dopo aver fallito nel peggiore dei modi quello di maturità, l'ennesimo di una stagione che conferma l'idiosincrasia ormai storica per le sfide che contano. Quest'anno erano già stati sbagliati gli appuntamenti con Torres, Carrarese, Cesena e Perugia, tutte gare che potevano significare svolta in positivo, ma se nei primi 3 casi il ko era arrivato nel periodo peggiore della crisi e nel quarto la Dea Bendata aveva dato una mano al Grifo, stavolta invece il Pescara arrivava al match sull'onda lunga di 3 vittorie di fila e con il conforto di un'insospettabile solidità difensiva a rilanciare le ambizioni di terzo posto. E se in tutte le altre gare non si era andati alla deriva, nella tana dei Lupi d'Umbria il Delfino è stato invece letteralmente sbranato da chi aveva più fame, grinta e voglia di vincere. Al Barbetti, mai espugnato negli ultimi 11 mesi, il Gubbio ha maramaldeggiato contro un avversario inerme ed ha messo la freccia in graduatoria dopo aver imposto alla banda Zeman una pesante sconfitta, tanto nelle dimensioni del punteggio quanto nel contenuto della prestazione. E venerdì si è capito perchè il Gubbio ha centrato l'ottavo risultato di fila ed il Pescara non è sceso da quell'altalena di rendimento che è, insieme ai continui cambi di formazione, la vera costante dell'annata pescarese. Il Gubbio è squadra ordinata, compatta e aggressiva, ha il DNA del suo allenatore e sa sempre cosa deve fare. E come. Ed è una squadra perfettamente calata in una categoria dove i valori tecnici emergono solo a parità di intensità, attenzione e concentrazione. Poteva subire il contraccolpo psicologico del rigore sbagliato sullo 0-0, invece paradossalmente è stato il Pescara ad uscire totalmente dal campo dopo il penalty con il Gubbio a prendere il sopravvento sino a dominare. Peggio di così non poteva andare ai biancazzurri, troppo brutti per essere veri. Il Pescara di oggi è una squadra ancora totalmente immatura e se anche il tecnico ci mette del suo allora non può andare tanto lontano. Ancora una volta mister Zeman ha deciso di cambiare formazione, un po' per scelta e un po' per necessità. A centrocampo è stato proposto un trio leggero, incapace tanto di interdire, facendo filtro e proteggendo una difesa riscoperta ballerina, quanto di costruire, sviluppando il gioco sulle catene esterne o verticalizzando. Aloi, quasi sempre schierato, è stato escluso proprio nella partita a lui più congeniale, quella in un clima da battaglia dove sarebbe stata certamente più utile una sciabola di un fioretto comunque impugnato male, mentre Meazzi ha bisogno ancora di tempo e di prove per essere impostato come mezzala. Dinamico ma confusionario, tende a tenere troppo palla e ad andare ad accentrarsi da trequartista in fase di possesso: ovvero tutto ciò che un interno zemaniano non deve fare. E di certo non ha giovato schierarlo in tandem con Capone, elemento di qualità ma che ha bisogno di tempo per ritrovare la forma dopo il lunghissimo stop e del supporto di una squadra che oggi non può sostenere il peso degli esperimenti. Gettare contemporaneamente nell'agone, non in una partita qualsiasi ma in una che metteva in palio punti che valevano doppio, gli ultimi due arrivati – in gruppo da nemmeno una settimana - non è stata una grande idea. 

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