ODDO-CAMPAGNARO: L’IMPORTANZA DELLA LEADERSHIP
Inizio 2016, torna il campionato e tornano gli appuntamenti fissi del portale. Ecco il nuovo appuntamento con la rubrica di PescaraSport24 “Calciologicamente”. Un punto di vista diverso da quello consueto sulle vicende biancazzurre affidato al dott. Pietro Literio, che anche in questo numero dello spazio da lui curato analizza il momento del Delfino del tutto peculiare. Buona lettura!
“Poker Pescara”: quattro vittorie di fila e quarto posto in classifica. Delfino in versione Diesel che con la presenza di Campagnaro “non stecca” le ultime gare, acquisendo sempre più sicurezza, resistenza (o più correttamente “resilienza”) e vittorie.
Prima è arrivata la vittoria in casa con l’Entella, per ripartire e dare prova di reazione (mentale) dopo la brutta sconfitta e delusione di Brescia (la seconda prova di maturità attesa e “fallita”, dopo Novara). Ma “la notte è più buia subito prima dell’alba”.
E’ così arriva anche la seconda vittoria di fila (in trasferta a Lanciano), con l’inizio dell’EFFETTO “CAMPAGNARO”: tanta esperienza e autorevolezza in campo che ha trasmesso sicurezza alla difesa in particolare, e alla squadra in generale, facendo la differenza.
L’effetto Campagnaro può essere definito tecnicamente come “potere dell’esempio” (e della competenza) attraverso il “modellamento” (o apprendimento osservativo): gli altri compagni di squadra attraverso l’osservazione del modello esperto, competente e sicuro di sé (Campagnaro) acquisiscono anch’essi maggiore sicurezza e convinzione di farcela in campo.
Segue ancora la partita in casa contro il Modena, dove il Pescara cambia nuovamente formazione (con Sansovini in campo) e fatica a imporre e condurre il proprio gioco: infatti soffre e ci fa soffrire fino all’ultimo ma, con l’aiuto della fortuna e grazie all’effetto “Campagnaro” (e al miracolo di Aresti), porta a casa il risultato.
Si arriva così all’ultima prova di maturità del 2015, questa volta superata: la quarta vittoria di fila in trasferta a Latina, dopo i precedenti “esami” di Novara e Brescia: il “talismano” Campagnaro continua a portare esperienza, convinzione e fortuna al Pescara. Con lui in campo, il Delfino è più capace di difendersi e soffrire, fino a colpire.
La pausa ci consegna quindi l’immagine di un Pescara versione “Diesel” (in crescita) e “a trazione posteriore” (più solido in difesa), vincente per quattro volte di fila, anche se con fatica e sofferenza (sia per la squadra che per il pubblico).
A questo punto può essere utile fare delle riflessioni sul percorso di crescita del Pescara in prossimità del “giro di boa”, ovvero la fine del girone di andata e l’avvio del girone di ritorno.
L’andamento e i numeri del Pescara sembrano dire che il percorso e i successi finora costruiti sono riferibili principalmente ad un preciso fattore: la LEADERSHIP, fuori dal campo innanzitutto (quella dell’allenatore) e dentro al campo (quella di Campagnaro).
La Leadership efficace, autorevole, in una squadra giovane e di talento, gioca un ruolo fondamentale nel suo processo di crescita (e inversamente nel suo processo di possibile involuzione, in caso di leadership inefficace).
Ma guardiamo più da vicino quali sono le caratteristiche principali di un allenatore efficace (leader) e come agisce tale leadership sui giocatori e sulla squadra, così da comprendere quanto il nostro mister Oddo si avvicini all’identikit dell’allenatore ideale e vincente.
Gli allenatori efficaci possono avere stili molto diversi tra loro ma ciò che li accomuna è una notevole efficacia in quanto tutor, guida e fonti di motivazione per i giocatori e la squadra.
Innanzitutto, hanno una capacità particolare di sviluppare il talento dei giocatori e di far sì che essi credano sempre più in sé stessi e diano sempre il meglio delle loro capacità, sia quando le cose vanno bene sia quando vanno male. Ciò richiede che gli allenatori adattino le loro strategie ai particolari talenti e pregi dei giocatori e, di volta in volta, alle sfide delle situazioni da affrontare.
Anche lo sviluppo di un senso di sicurezza e resistenza alle avversità e alle difficoltà negli atleti (la cosiddetta “autoefficacia resiliente” o in parole più povere la “capacità di soffrire”) dipende molto dall’efficacia manageriale dell’allenatore. Infatti, lo scoraggiamento per le difficoltà viene ridotto dall’allenatore efficace sottolineando nei giocatori più i miglioramenti personali e dando poco peso alle vittorie e alle sconfitte.
Questo perché il miglioramento della prestazione sportiva è controllabile personalmente dall’atleta e dall’allenatore, mentre la possibilità di vincere non è tutta nelle proprie mani.
Gli allenatori efficaci inoltre, hanno un atteggiamento di fiducia nel fatto che alla fine i giocatori saranno competenti, capaci e, a tale scopo, forniscono loro informazioni correttive su come migliorare la propria prestazione (invece di criticare gli insuccessi). Soprattutto le informazioni e i consigli sulle prestazioni sportive sbagliate dei singoli giocatori contengono molte istruzioni utili per migliorare le abilità dei propri giocatori.
Gli allenatori efficaci si aspettano molto dai loro giocatori sul piano atletico e forniscono tutto il sostegno e la guida di cui essi hanno bisogno per migliorare progressivamente. Riescono in questo poiché danno loro obiettivi raggiungibili (dove il successo è maggiormente garantito), evitando allo stesso tempo di porre prematuramente i giocatori in situazioni in cui probabilmente andrebbero incontro a un insuccesso.
Ancora, gli allenatori efficaci inseriscono i giocatori nel gioco (i “famosi” cambi durante le partite e nella formazione iniziale) quando sono “pronti”, al momento giusto: ovvero quando hanno buone probabilità di avere successo (per non bruciarli e bruciare così la loro sicurezza), così che essi si sentono sufficientemente sicuri di sé e della fiducia dei compagni di squadra. Infatti, una volta che i giocatori sviluppano sicurezza nelle proprie capacità, essi devono essere introdotti gradualmente in situazioni di pressione (come una gara ufficiale) in cui è più difficile dare il meglio delle proprie capacità.
Altra caratteristica importante degli allenatori efficaci è che essi non considerano irrecuperabili i giocatori che si trovano in difficoltà ma, al contrario, offrono loro sostegno e opportunità per imparare ad uscirne. Si tratta della cosiddetta “pazienza istruttiva” dell’allenatore che funziona bene solo se non introduce prematuramente i giocatori in situazioni in cui essi si affannano senza ottenere nulla e si sfiduciano (pazienza istruttiva che Oddo sta cercando di mettere in atto con il giocatore Cocco).
Se gli atleti vengono “tolti” precipitosamente quando si trovano in difficoltà, il senso di fiducia in sé stessi si indebolisce e perdono buone opportunità per imparare a riprendersi. E ciò aumenterà la probabilità di cedere in altre circostanze di pressione.
Gli allenatori che non perdono fiducia nelle capacità dei giocatori, quando essi sono alle prese con le difficoltà o attraversano una crisi (il “caso” Caprari ad inizio campionato ne è un esempio), attutiscono l’impatto negativo sull’efficacia e fiducia personale degli insuccessi ripetuti vissuti dal giocatore. Ciò che conta non è la difficoltà in se stessa, bensì il modo in cui essa viene interpretata e ciò che se ne apprende in positivo. In tal modo l’allenatore efficace guida (attraverso il suo comportamento verbale e non) lo sviluppo della “resilienza” del giocatore, attraverso l’apprendimento di modi per riprendersi dalle sconfitte o dagli insuccessi.
I giocatori devono imparare, con l’aiuto dell’allenatore efficace, a lasciarsi gli errori alle spalle (che risuonano nella testa del giocatore), che rischiano di peggiorare le prestazioni successive (aiutandoli a sviluppare così le cosiddette “abilità di recupero” a livello mentale).
Infatti, quando un giocatore non gioca (vedi anche Cocco) la sua mente può cominciare ad affollarsi di dubbi (“quanto sono ancora bravo o sono in grado di fare ciò che facevo in passato o prima?”). Gli atleti imparano quindi, grazie all’aiuto dell’allenatore, a non abbattersi per gli errori e gli insuccessi, in modo da poter gestire meglio le situazioni difficili quando le incontrano nuovamente.
Soprattutto, gli Allenatori efficaci cercano di aiutare i giocatori a recuperare il loro senso di autoefficacia, di fiducia in sé (o a proteggerlo, a conservarlo). L’allenatore favorisce così le “abilità di recupero” del giocatore (attraverso strategie di recupero): tra queste strategie utilizzate dall’allenatore efficace troviamo quella di allentare o abbassare gli standard di prestazione del giocatore (le sue aspettative), in modo che anche i passi avanti, e non solo il recupero della forma perfetta, vengano considerati un successo, oppure attribuire le crisi anche a qualche piccolo difetto nella tecnica di esecuzione o nella prestazione.
Un’altra strategia utilizzata dagli allenatori efficaci per proteggere i giocatori dai periodi di crisi consiste nel prescrivere un breve periodo di riposo (anche in panchina) con l’aspettativa che ciò aiuterà i giocatori stessi ad uscire dalla loro crisi. I vantaggi, in seguito a tale strategia, dipendono più dal cambiamento nelle aspettative che dall’inattività o dall’allontanamento temporaneo del giocatore dalle pressioni situazionali.
Ma la vera prova dell’efficacia di un allenatore è la capacità di far riprendere una squadra da una serie di sconfitte demoralizzanti. La capacità di un allenatore-leader, in tal caso, di continuare a credere nella squadra (e nei giocatori), mantenendo la pazienza e continuando a essere di sostegno è particolarmente importante, soprattutto dove lo sviluppo del talento richiede molto tempo: è il caso proprio del Pescara che è squadra giovane e, appunto, di talento. A tale riguardo, l’esperienza passata di Oddo come allenatore delle “Primavere” di Genoa e Pescara ha sicuramente sviluppato la sua pazienza, la sua creatività e il suo altruismo.
Gli allenatori efficaci, inoltre, creano stili di gioco che mettano a frutto nel modo migliore il peculiare patrimonio e repertorio dei loro giocatori, adattando creativamente lo stile di gioco (la tattica e non solo) alle doti specifiche dei giocatori, trasformando spesso dei “perdenti” in “vincitori” dotati di fiducia in sé stessi (in breve tempo e con pochi cambiamenti). L’esempio lampante di questo effetto è rappresentato da ciò che ha compiuto Oddo proprio lo scorso anno, sostituendo Baroni in panchina e risollevando giocatori e squadra fino a portarli in finale, senza mai perdere.
Infine, tra le TECNICHE giudicate più importanti (dagli allenatori efficaci) troviamo: la crescita personale degli atleti attraverso l’allenamento (o lavoro); l’esercizio fisico vigoroso per sviluppare la resistenza necessaria a sostenere sforzi intensi durante le partite; la costruzione di un atteggiamento di fiducia verso i giocatori; le indicazioni specifiche di sostegno ai giocatori; l’incoraggiamento di un dialogo interno positivo (nei giocatori, con se stessi) e il contrasto dell’autosvalutazione o dell’autocolpevolizzazione quando le cose non vanno bene (sempre nei giocatori).
Per concludere e riassumere, lo sviluppo della fiducia da parte dei giocatori e della squadra nei propri mezzi (convinzioni di autoefficacia), della loro capacità di saper soffrire e resistere alle avversità (resilienza) e delle loro “abilità di recupero” di fronte alle difficoltà (e ai momenti di crisi) è frutto del lavoro e della personalità dell’allenatore efficace (il leader fuori dal campo), senza trascurare la leadership aggiuntiva di Campagnaro: leader e “modello” in campo, con il suo esempio, per gli altri giocatori.
Oddo sembra avere le caratteristiche di un leader efficace, vincente, perché è (in poche parole) paziente, altruista, creativo, gestisce al meglio i tempi di recupero e di ingresso dei giocatori nelle situazioni di gioco (proteggendoli in tal modo dagli insuccessi e dalle difficoltà), padroneggia il “timing” dei cambi (l’inserimento dei giocatori “giusti al momento giusto”, cercando di non “bruciarli”), favorisce e promuove le loro abilità di recupero (mentale) dagli insuccessi, fornisce le indicazioni/informazioni giuste e specifiche per migliorarsi, stimola i singoli e la squadra attraverso continue e nuove sfide e, soprattutto, continua a credere in loro (sostenendoli) nei momenti di difficoltà e di crisi, con pazienza, altruismo e senza perdere fiducia.
Così facendo, massimizza i vantaggi (per i giocatori e la squadra) e minimizza gli svantaggi/insuccessi, tutto ciò condito anche dalla sua creatività. Del resto l’arte consiste nell’espressione della propria personalità in ciò che si fa.
Per tutte queste caratteristiche (trasmesse alla squadra e al pubblico) mister Oddo è considerato da molti addetti ai lavori (e non) come un “predestinato”: ovvero un allenatore vincente. E se lo è l’allenatore con molta probabilità lo sarà anche la sua squadra. Il girone di ritorno ci dirà se tale valutazione è giusta. Forza Pescara!
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