La diritta via smarrita
Ed il Delfino si ritrovò “in una selva oscura. ché la diritta via era smarrita”, per citare il Sommo. Dodici partite disputate, vale a dire un quarto di campionato già mandato agli archivi: la base per formulare tesi e giudizi è ora cospicua. Dodici punti (media di 1 a partita), 18 reti fatte (quarto miglior attacco) ed altrettante subite (quint’ultima difesa), 2 sole vittorie in campionato, 6 rimonte subite, 9 reti incassate all’Adriatico, media inglese che piange: i numeri dipingono una realtà arida e veritiera che altre statistiche, dal possesso palla ai tiri nello specchio della porta, sembrano smentire (dati Panini Digital Soccer).
Nel cammino del Delfino, sfortuna ed episodi negativi – è bene ricordarlo – hanno avuto un ruolo importante per deviare la rotta. Sviste arbitrali (anche con il Brescia un rigore negato), autoreti (4 che sono costate altrettanti punti, solo quella di Schiavi a Reggio Calabria è stata “innocua”) ed infortuni (molti ed alcuni del tutto particolari ed inusuali, Sforzini in primis) hanno certamente inciso ma non possono rappresentare l’esclusiva ragione di un esemplare che naviga con il muso appena sopra la linea di galleggiamento della graduatoria.
Il Pescara targato 2013/14 è una bella incompiuta con disturbi di personalità. Assemblata in modo non corretto (impostata per il 4-3-3 ma senza alcuni interpreti di ruolo, vedi mezzala sinistra) aveva stupito tutti in positivo nel precampionato per poi smarrirsi. Defezioni contemporanee, che hanno avuto anche la conseguenza di imporre un turnover non voluto, e contingenze momentanee hanno imposto il cambio di modulo ma non un cambio di mentalità. “Tutto parte dalla testa”, si sostiene. E probabilmente il problema principale del Pescara deriva da una forte insicurezza. Gestione delle pressioni e mancata lucidità nei frangenti determinanti di una partita rappresentano alcuni dei problemi da risolvere. Inconcepibile pareggiare in superiorità numerica una partita che si conduce, oltretutto tra le mura amiche, con due reti di vantaggio. Contro le Rondinelle si è avuto un déjà vu di quanto accaduto sette giorni prima a Reggio Calabria, ma per fortuna contro gli amaranto l’epilogo è stato diverso.
Il Pescara negli ultimi 20 minuti di gara ha incassato 5 reti, nell’ultima mezzora 8: al problema “mentale” e di equilibrio tattico (difesa traballante e poco supportata dal filtro dei centrocampisti) se ne aggiunge, probabilmente, uno di condizione atletica. La squadra corre e corre anche tanto, ma corre male e nei finali di gara va in apnea (i crampi di Ragusa nell’ultimo match sono un campanello d’allarme). Manca l’ossigeno nei muscoli e nel cervello. E nasce l’insicurezza che provoca danni. Il tecnico, inoltre, non sembra riuscire ad incidere con sostituzioni (per tempistica e uomini scelti) e correttivi tattici. Fortunatamente, vedi Politano e Zuparic, notizie liete arrivano dai giovani che l’allenatore ha deciso finalmente di lanciare. Altre note positive? La reazione dopo i ceffoni subiti (a Reggio come con il Brescia) che nell’analisi del disturbo di personalità rappresenta un’anomalia: come può una squadra impaurita reagire con veemenza e costrutto e poi tornare a perdersi? L’enigma biancazzurro deve essere risolto al più presto: non è ancora tardi per raddrizzare la stagione, materiale importante sul quale poter lavorare non manca. Bisogna ripartire al più presto ed inanellare una serie di vittorie consecutive in attesa di Gennaio e dei correttivi necessari da apportare alla rosa. Non si può più attendere. Altrimenti la selva oscura potrebbe inghiottire il Delfino.
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