Prima squadra

Berlinghieri: "La cavalcata in A, la salvezza, Leo e il resto. Vi racconto il grande Pescara"

Le parole di un grandissimo ex

14.07.2022 00:01

 Quando Berlinghieri indossava la maglia biancazzurra, era tutto un altro mondo. Pescara era una città godereccia e che viveva visceralmente il rapporto con la sua squadra di calcio, che ripagò il pubblico biancazzurro con con due capolavori: la promozione in A e la successiva salvezza nella massima serie, l'unica centrata dal Delfino nella sua storia. 

Primo Berlinghieri, uno delle ali sinistre più forti nella storia del Delfino, racconta così quei fantastici anni: “Sono state due emozioni grandi e intense, diverse ma altrettanto forti e belle. Forse sono più legato alla cavalcata in B, perchè ce la siamo gustata cammin facendo dopo esser stati ripescati. Probabilmente nemmeno noi ci rendevamo pienamente conto di cosa stavamo facendo. Tutti i miei 4 anni a Pescara sono stati straordinari a livello emotivo, i due centrali credo indimenticabili per tutti. Si era creata una simbiosi tra squadra e pubblico unica. I tifosi venivano al campo e parlavano con noi, ci invitavano a pranzo e a cena a casa e si poteva fare. Adesso invece è tutto diverso, per poter semplicemente parlare con un calciatore bisogna fare mille salti mortali. Era un altro calcio, quello, dove tutto era più alla portata di tutti”. 

Il primo Pescara di Giovanni Galeone, quello con le funamboliche ali Pagano e Berlinghieri per intenderci, regalava un calcio champagne come mai si era visto prima, non solo in riva all'Adriatico ma in generale in tutta Italia. “Riguardo spesso la partita col Genoa in serie B”, racconta Berlinghieri, “e vedo che avevamo una mentalità offensiva pazzesca. Si è parlato tanto dopo decenni del tiki taka famoso del Barcellona, ma se andate a rivedere solo le azioni dei nostri gol vi rendete conto di cosa era quel Pescara. Nell'azione che portò a rigore di Gasperini coi liguri, ad esempio, c'era Ciarlantini ad impostare al limite dell'area e Bergodi in mezzo a prendersi il penalty. Il gol di Loseto, poi, credo sia l'emblema del calcio: palla avanti, palla dietro, quattro triangoli e il centrocampista che si inserisce. Quella partita col Genoa, tra le tante, ci diede consapevolezza e convinzione di avere una determinata dimensione. Vincemmo contro una squadra fatta di giocatori di categoria superiore. Ma ci sarebbero tante partite da ricordare... E vedemmo via via riempirsi lo stadio sempre di più. Partimmo con poche persone all'Adriatico, quasi nessuno. E strada facendo, con i risultati e la qualità del gioco espresso, vedemmo ogni settore ospitare sempre centinaia di tifosi in più rispetto alla partita prima fino all'apoteosi della gara decisiva col Parma”. 

E poi: “Il primo impatto con Leo Junior fu eccezionale. Io facevo di tutto per potergli stare seduto vicino in ritiro ma si rivelò sin da subito una persona splendida. Si sapeva che fosse un grande calciatore, un marziano per noi, ma si è subito fatto conoscere per il grande uomo che è: umile e disponibile, non faceva minimamente pesare l'importanza che un nome come il suo aveva nel calcio mondiale. Da calciatore aveva doti straordinarie, ma fidatevi che come essere umano era ed è ancora più grande”, le sue parole con un filo di commozione. “Mister Galeone era la ciliegina sulla torta per una squadra come la nostra. Non si esaltava nelle vittorie, pensate a quella in casa dell'Inter per 2-0 nel settembre 1987, e non si deprimeva per le sconfitte, anche quelle pesanti. Prendemmo 8 gol a Napoli e 6 dal Milan. Era uno come noi, che aveva fatto la sua gavetta in C e che aveva voglia di emergere. E' stato bravo e fortunato a costruire quel gruppo e trovò tutte le componenti per fare bene: un bellissimo ambiente, una società che si era data una certa solidità, due fuoriclasse come Junior e Sliskovic e un grande pubblico. Il rammarico resta la retrocessione del 1988-89. Eravamo ad un passo dal compiere un qualcosa di davvero grande, ma pensammo troppo presto che fosse tutto in discesa. E non era così. Le colpe ovviamente vanno distribuite tra tutte le componenti, pensavamo inconsciamente sempre di poter recuperare il terreno perduto la domenica dopo ma il calcio non ti perdona nulla ed entrammo in una spirale negativa. E retrocedemmo”. 

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