Simone Montedoro: "Pratico la boxe, Rocky Marciano un eroe. Sull'addio a Don Matteo..."
Intervista di PS24 ad uno degli attori italiani più popolari
«Ho sempre amato fare sport, pratico da anni la boxe che reputo uno sport difficilissimo. Ci vuole carattere, concentrazione e temperamento per stare sul ring e prendere tanti cazzotti. Rocky Marciano? Una vera icona della disciplina, non solo a livello nazionale. Un eroe. La boxe è uno sport sano, è cambiato dai suoi tempi. Ho praticato anche calcio e sembrava avessi buone prospettive, poi ho cambiato strada. Sono tifoso della Roma, se posso seguirla lo faccio volentieri ma non sono di quelli che non vivono senza calcio. Cosa penso dell’esonero di Zeman? Non lo sapevo nemmeno, me lo stai dicendo tu ora…».
Inizia così, a tema sportivo, la nostra chiacchierata con Simone Montedoro, uno degli attori italiani più noti ed amati del momento. L’apice della sua popolarità è dovuto alla partecipazione, nell’importante ruolo del Capitano Giulio Tommasi, nella fiction Don Matteo, ma è artista completo. Attualmente in teatro con la commedia “Finchè giudice non ci separi”, sbarcherà presto sul grande schermo con la pellicola tratta proprio dal lavoro di Fornari e, con lo stesso regista, sarà a teatro nella sua Roma per “Un piccolo gioco senza conseguenze” dal 10 al 29 aprile.
«Fare l’attore è una missione e non potrebbe essere altrimenti. Si ha una responsabilità enorme verso lo spettatore, bisogna essere perfezionisti e lavorare sodo, spesso con ritmi impressionanti. Non è una vita semplice, ovviamente, spesso sei lontano per mesi dai tuoi affetti (la compagna è la nota atleta Lara Carnevale, con la quale ha anche un figlio, ndr) e sacrifichi la famiglia, ma è un mestiere che adoro. Come cambia essere attore tra teatro e fiction? Il teatro è tutto in diretta, devi essere preciso ed hai un rapporto immediato con gli spettatori, ti permette di ascoltare e di esser ascoltato. Lavorare in teatro ti consente di avere un vero e proprio contatto con il pubblico, oltre che un’emozione che sembra non avere mai fine. Nella fiction, sia essa il cinema o il piccolo schermo, hai modo di rifare le scene ma è un vero campo di battaglia, dove assimili molto a livello tecnico perché ci sono anche parecchi tempi morti dove comunque devi tenere alta la concentrazione. Ricordo il mio primo spettacolo, ero rigido. Con il tempo e lo studio si ha coscienza sempre maggiore di quello che si fa», racconta.
La sua uscita di scena, per molti inaspettata, dalla fiction d’oro Don Matteo, nella quale per anni, accanto a Terence Hill e Nino Frassica, è stato grande protagonista, ha fatto molto rumore. «Non è dipeso da me, ma dalla produzione che ha ritenuto che intorno al mio personaggio si fossero esauriti i temi e le possibili storie. Mi è dispiaciuto, ma ho comunque accolto molto serenamente la cosa. C’è stato un grande tam tam, soprattutto social, da parte dei fans? Non sono un tipo molto social, ho solo un profilo Instagram, ma le ragazze del mio Official Fan Club mi hanno detto qualcosina. Ma la vita va avanti, come si dice in questi casi? The show must go on», racconta con sincerità. «Ho tanti progetti». Per un attore legare il proprio nome ad un personaggio di una fiction di grande successo può essere paradossalmente limitante? «In effetti il rischio di essere identificato esclusivamente con un personaggio, o quasi, c’è, ma noto che questo avviene solo in Italia. All’estero non è così. Gli attori vengono visti per quel che sono, interpreti di ruoli diversi in produzione diverse, senza che vengano indissolubilmente legati ad un personaggio».
E adesso, cosa farà Simone Montedoro? «Spero che uscirà presto la trasposizione cinematografica di “Finchè giudice non ci separi” e poi sarò a teatro, al Golden di Roma, per “Un piccolo gioco senza conseguenze” di Fornari. Con lui e con gli altri attori si è creato un bellissimo rapporto e lavorare con loro mi gratifica molto. Avevo già lavorato con i fratelli Fornari e mi ero trovato davvero bene, sono persone squisite e molto professionali»
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